Siamo in Basilicata, terra selvaggia e un po’ sconosciuta, dove tra l’uomo e la natura, quest’ultima non ha ancora ceduto completamente spazio al primo.
Più
precisamente siamo nel Vulture, alle pendici di un antico vulcano spento che
dall’alto del suo isolamento dal mare e dall’Appennino domina da migliaia di
anni l’intero territorio. Qui le sue colate laviche, la sua influenza sul clima
e sulle precipitazioni hanno creato le condizioni ideali per l’allevamento e per
la coltivazione della vite e, in particolare, dell’Aglianico.
La
Storia vuole che siano stati i profughi Greci alla ricerca di un porto sicuro,
che, nel lontano VII a.C., selezionarono per questi luoghi l’Aglianico e insegnarono
a coltivarlo alle popolazioni contadine locali con le quali scelsero di convivere
e dalle quali ricevettero degna ospitalità.
In
questo lembo di territorio, qualche anno fa, dopo averne tanto parlato, tre
amici con la passione per l’agricoltura provano a scommettere su un’idea che da
tempo li anima: unire le forze e produrre vino in maniera artigianale, nel
rispetto dell’ambiente e della natura, senza per questo chiudersi
all’innovazione. Ognuno di loro, come la maggioranza dei locali, ha una
genealogia da piccolo vignaiolo; e insieme alla genealogia, ognuno di loro ha un
vigneto da regalare alla comunità che intendono creare, che creano e che
chiamano RIPANERO.
Il
centro attorno al quale gravita il lavoro di Davide, Mario e Maurizio è
l’Aglianico del Vulture, vitigno e vino di enorme fascino ed eleganza fin dalla
più remota antichità, che con la sua potenza gustativa e intensa trama tannica
richiama il calore di questi luoghi e la durezza dell’alta collina.
I
vini hanno tutti nomi grecheggianti, in omaggio alle origini del vitigno, e
un’eco filosofica. Physis, Lògos, Chronos (l’ultimo arrivato, un bianco macerato,
100% malvasia). Natura, Ragione, Tempo. In fondo i tre fattori decisivi per
qualsiasi vino e non solo.
Il
lavoro continua, anche in questi giorni di rallentamento generale, con la
convinzione di chi, abituato a vedere la natura cambiare e rigenerarsi a ogni
stagione, sa che il cambiamento va accolto e valorizzato, senza disperare.
Perché quando la natura toglie, comunque non smette di dare.
Perché,
questo si sa, ogni annata non va valutata per ciò che sembra oggi, ma per ciò
che può diventare ed è a questo che bisogna lavorare. O almeno è questo quello
che pensano Davide, Mario e Maurizio.
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