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martedì 31 marzo 2020

Anche 'Lieti Calici' sostiene condivide e partecipa alla campagna per il REDDITO DI BASE lanciata da BIN - ITALIA


Domani è già oggi, dopo è già ora!
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L’economia solidale condominiale. Chi sta mettendo in atto pratiche di solidarietà e mutuo aiuto in Italia ce le racconti...

 Rilanciamo l'iniziativa di     www.comune.info.net sulle   pratiche di mutuo aiuto e   solidarietà che vuole supportare i piccoli produttori (Vignaioli ed Agricoltori)  locali. 

Sono molte le iniziative di solidarietà e mutuo aiuto che stanno nascendo nei territori. La rete di economia sociale e solidale romana lancia una campagna che va incontro alle esigenze delle persone in quarantena e al tempo stesso supporta i piccoli produttori locali. La proposta è semplice fare una spesa collettiva solidale, biologica e a filiera corta, autorganizzata con il vicinato per sostenere chi è stato escluso dal business della grande distribuzione.

Fare i conti con le proprie abitudini, riscoprire l’essenziale della vita di ogni giorno, il partire da sé e il valore fondamentale del restare umani, della costruzione del “comune”. Scoprire il significato della cura come pratica dirompente e politica e di mutualismo “dal basso”. Ecco perché Comune oltre a raccogliere articoli sui significati, le opportunità e le prospettive della drammatica crisi innescata dal Coronavirus, ha aperto questa sezione dedicata al mutualismo e alle pratiche di solidarietà, al resistere creando. Uno spazio nel quale trovare informazioni in caso di necessità, idee e spunti per non smettere di ribellarsi facendo. Un luogo che vorremmo fosse “comune”, costruito collettivamente, inviando informazioni o dati su iniziative a info@comune-info.net o a info.lieticalici@gmail.com


lunedì 30 marzo 2020

Azienda 'Filarole': acquistare i vini online da oggi è possibile!

  
Azienda FILAROLE: Da oggi è possibile acquistare i loro vini, senza costi di spedizione, direttamenmte dal loro shop olnline. Certamente i nostri vini non guariscono dal carogna virus, ma un momento di gioia possono reegalarvelo. C'è la consegna gratis a partire da 75€, ci sono sconti per quantità. Magari mettetevi insieme un gruppetto di amici vicini e il prezzo diminuisce.
In vendita ci sono #FattoCoiPiedi 2018 e #RossoFilarole 2018, per le vecchie annate mandateci una mail, chiamateci ai soliti numeri, un messaggio su questo social.
Siamo disponibili per consegne dirette in provincia di Piacenza, ovviamente bardati con maschera e tuta.
https://filarole.it/negozio/

Un’avventura di famiglia nata sulle colline della Val Tidone dall’amore per la terra, il vino e le vecchie vigne

Qui sulle colline piacentine parlando con le persone anziane si sentono a volte delle parole italianizzate dal dialetto, filarole è una di queste. In dialetto piacentino i filari di una vigna sono i filaröl e quando le vigne sono piccole e composte da pochi filari anche la vigna viene indicata con questa parola. E abbiamo iniziato a chiamare così anche le nostre piccole vecchie vigne, le nostre filarole
Questa avventura è cominciata nel gennaio 2017, ma germinava da lungo tempo. Siamo arrivati a vivere sulle colline piacentine diversi anni fa, in una casa immersa in una natura spettacolare. Abbiamo cominciato a conoscere il territorio (bellissimo) della Val Tidone prima e poi la curiosità e l’amore per i vini e l’agricoltura ci hanno spinti ad esplorare il territorio dei colli piacentini, a conoscere i vignaioli e a voler valorizzare il loro lavoro attraverso il nostro lavoro di comunicazione online. Così sono nati i siti Vinipiacentini.net nel 2004 e Sorgentedelvino.it nel 2008.
Ma questa relazione a distanza non bastava: nel 2009 la voglia di mettere in contatto diretto i vignaioli con le persone che bevono il vino ha fatto nascere la manifestazione Sorgentedelvino LIVE e la voglia di conoscere e sperimentare ha fatto nascere il nostro primo vino fatto in casa: Fatto coi Piedi bianco.
Filarole è un’avventura di famiglia. Ognuno di noi quattro da il suo piccolo o grande contributo, anche i ragazzi che guardano con occhi sempre attenti e imparano a comprendere la vita della vigna e quello che accade in cantina nella vasca mentre l’uva diventa vino.

Dal Lago di Bolsena: nuovi arrrvi e nuove consegne da parte de l' 'Orto Vulcanico La Lupa' in permacultura sul lago di Bolsena. di Massimiliano Petrini e Jonathan Nossiter

Piante di semi ancestrali del Orto Vulcanico La Lupa in permacultura sul lago di Bolsena.
Consegna a Roma l’8 aprile e il 4 maggio.
Consegna intorno al lago di Bolsena su prenotazione a: fattorialalupa@gmail.com
o al telefono 339 3270676 ma, essendo cibo, avete anche il diritto di spostarvi di un comune al altro, venire qui e comprare !
Meglio che un supermercato


Arrivata la lista delle piante degli ortaggi 2020.

LISTA DISPONIBILITÀ
8 APRILE
Solanacee (limitata e di taglia piccola a questa data)
Pomodoro Lampadina Sala .40 cent.
Pomodoro Datterino .35 cent.
Brassiche
Cavolo Riccio Rosso .35 cent.
Cavolo cappuccio bianco a punta .40 cent.
Cavolo capp bianco .40 cent.
Verza .40 cent.
Verza vertus .35 cent.
Liliacee (limitata e di taglia piccola a questa data)
Cipolle Rosse di Ginevra .45 cent.
Cipolle Robelja .45 cent.
Crucifere
Rapa Cavolo antico Siciliano "Trunzu" .45 cent.
Finocchio Selma .45 cent.
Foglie
Cicoria Cardoncella barese .45 cent.
Cicorie misticanze invernali .35 cent.
Indivia riccia cuor d’oro .35 cent.
Indivia wallone .40 cent.
Bietola Rossa .40 cent.
Bieta Colorata .40 cent.
Lattuga Mizuna Kyoto .60 cent.
Lattughe Giapponesi miste .60 cent.
Lattuga Capuccio .40 cent.
LISTA DISPONIBILITÀ 30APRILE/4 MAGGIO
Solanacee
POMODORO
(Limitata- mass.10/persona)
Pomodoro San Marzano .40
Pomodoro Seccagno .55
Pomodoro Gigante di torino .60
Pomodoro Rosa di Rofrano .60
Pomodoro Canestro/Ciociaria.45
Pomodoro Piennolo Vesuvio .50
Pomodoro Leccese Tondo .50
Pomodoro Piennolo Vesuviano.55
(Ilimitata)
Pomodoro Lampadina Sala .40
Pomodoro Ciliegino .45
Pomodoro Giallo Capaccio .40
Pomodoro Datterino .35
Pomodoro Principe borghese .40
Pomodoro Cuore di bue .50
Pomodoro Faino classico .40
Pomodoro Colletto scuro .45
Pomodoro Fiascone Cilento .50
Pomodoro Insalataro .40
Pomodoro Regina .45
PEPERONE DOLCI
(Limitata- mass 10/persona)
Peperone Corno di Capra .50
Peperone Quadro Dolce .65
Peperone Dolce Papacelle .55
Peperone Imelda .40
(Illimitata)
Peperone Cornaletto Ostunese .55
Peperone Corno di Toro .35
Peperone Corno Rosso Cilent. .40
Peperone Dolce Ise giapponese.50
Peperone Dolce Paprika Calabr.55
Peperone Tri Pizzi Paprika .40
PEPERONE PICCANTELLO
Peperone Frigitello Piccantello .35
PEPERONCINO
Peperoncino Tondo Pugliese .60
Peperoncino Piccolo Feroce .45
Peperonc.Corno Lungo Cilent.40
Peperoncino a Naso Pugliese .45
Peperonc. Piccante Calabrese .40
Peperonc.Giallo Piccantissimo.35
Peperonc.Cornetto a Grappolo.30
MELANZANA
(Limitata- mass 10/persona)
Melanzana Kyoto .55
Melanzana Meronda .45
(Illimitata)
Melanzane Zuccarigna Fbruzza .45
Melanzane Rosso di Rotonda .40
Brassiche
Cavolo da Foglia Reale .70
Cavolfiore di Fano .35
Cavolo Pak Choi Taï Saï .45
Cavolo Nero Toscano .35
Broccolo NatalinoCalabr.40
Brocc. Mugnolo Leccese.45
Liliacee
(Limitata- mass 15/persona)
Cipolle Tropea .45
Cipolle Ishiguro .45
Cipolla Blanc Lisbonne.50
Cip.Rossa Lunga Frnze.45
Cip. Bianca Wadenswlr.35
Crucifere
Finocchio Selma .45
Cocurbitace
Zucchina Romanesca .45
Zucca Hokkaido .40

Lo scorso anno chiudeva a Milano nel quartiere Isola la ' bottega' di quartiere MIO BIO. Una Personale lettera d'amore a un piccolo alimentari di quartiere di Diletta Sereni

Non era soltanto una semplice bottega. Era ed è stato un luogo di socializzazione. Tanti i ricordi che mi hanno legato a questo luogo: le presentazioni dei vignaioli naturali. Gli aperitivi, i prodotti rigorosamente a Km0 e tantissima relazione ed empatia. Perché, in definitiva, una bottega di quartiere si distingue dalle catene dei non luoghi legati alla GDO anche per questo! Grazie ad Andrea  e Marco per questo ricordo! 


Personale lettera d'amore a un piccolo alimentari di quartiere

Come la chiusura di un piccola bottega biologica di quartiere è una sconfitta per la socialità, quando abiti in una città come Milano. E perché il rinascimento culturale del cibo nasce da questi posti qui.

Fatta amicizia coi fruttivendoli, ho iniziato a stazionare regolarmente in bottega durante e oltre l’orario di chiusura e lì ho conosciuto altri abitanti del quartiere, miei vicini di casa.

È una storia in parte personale, in parte no. Nel 2014 mi sono trasferita nelquartiere Isola, a Milano, e ho iniziato a fare la spesa in un piccolo negozio alimentari sotto casa che si chiama miobio. Come intuibile dal nome, tutti i prodotti erano biologici ma non ci voleva molto a capire la distanza siderale rispetto al biologico delle catene che ormai pullulano in città. Mi perdonerete un po’ di retorica: il biologico di questo negozio è quello che ti insegna il nome del produttore, ti spiega perché l’avocado si mangia solo d’inverno e la fragola solo a primavera, è un biologico fatto in gran parte di prodotti di prossimità. È il biologico dei formaggi a latte crudo, dei vini naturali, del pane di lievito madre. Il biologico dove nelle verdure ci trovi dentro terra e insettini, per fortuna. È anche il biologico che vende le marmellate di una cooperativa per il reinserimento lavorativo in zone della Bosnia devastate dalla guerra. Anzi è quel tipo di biologico che fa debiti per supportare progetti come questo.
Dal 2016 è rimasto solo il brizzolato a mandare avanti la baracca e quello che impari presto ad apprezzare di Andrea – e a contestare, a seconda dei casi – è la sua riluttanza ai compromessi. Andrea è un idealista, un militante, non solo per via delle forniture fuori misura di marmellate bosniache che ci ha fatto sciroppare per anni, ma per la coerenza cristallina con cui ha sempre scelto i prodotti, senza mai un cedimento a una logica più commerciale che gli avrebbe facilitato le cose. Nel frattempo, l’ho visto seguire i tirocini a ragazzi in difficoltà (da Anfass o Fondazione Minoprio), non l’ho visto mai negare un frutto a un mendicante, l’ho visto prestare ascolto e favori a tutti gli esclusi, i marginali, i perduti che passavano dal suo negozio.
Fatta amicizia coi fruttivendoli, ho iniziato anche io a stazionare regolarmente in bottega durante e oltre l’orario di chiusura e lì ho conosciuto altri abitanti del quartiere, miei vicini di casa: milanesi incalliti e giovani immigrati, creativi e incravattati, cantanti e commercialisti. Siamo diventati amici, o almeno diciamo persone che si salutano per strada e sanno a chi chiedere un favore. Nel frattempo il miobio ha tenuto le nostre chiavi, ricevuto la nostra posta, accolto i nostri ospiti mentre noi eravamo al lavoro. Ha funzionato, in pratica, da portineria di quartiere.
Oltre a fare la spesa, al miobio succedevano delle cose. La prima serata a cui ho partecipato, nell’autunno 2014, fu la presentazione di un progetto di Agronomi senza frontiere, per il recupero agricolo dei territori palestinesi della West Bank. L’ultima, qualche mese fa, era dedicata alla vita di Alexander Langer, politico e attivista pacifista. Tra l’una e l’altra, negli anni, tante realtà milanesi si sono intrecciate al miobio: Officina EnoicaIntergas - la rete dei gruppi di acquisto milanesiIsola Pepe Verde. E poi il negozio ha ospitato una lunga lista di aperitivi, degustazioni con i produttori, presentazioni di libri, feste addirittura.
In tanti si sono fatti spazio in mezzo allo scaffale orto-frutta: musicisti hanno suonato e cantato, attori hanno recitato poesie e monologhi, noi abbiamo ballato, riso, mangiato, bevuto. Le serate di festa (specifico per la finanza: festa privata) le abbiamo chiamate Rinforzini, nessuno ci ha mai guadagnato nulla, nel migliore dei casi si coprivano le spese e tutti tornavamo a casa contenti.
Oltre alle feste, la politica. Nel febbraio 2016 il miobio è stato seggio elettorale per le primarie del centro sinistra. Qualche mese dopo abbiamo organizzato un dibattito sul referendum costituzionale, quello che avrebbe segnato il collasso della sinistra italiana ; noi ancora ottimisti avevamo l’applausometro e la gabina elettorale. Di politica si parlava spesso, di lavoro mai. Tra gli abituali del miobio reggeva questo tacito patto che sul lavoro degli altri andava bene avere un’idea approssimativa. Chi abita a Milano capirà quanto questo sia atipico.
La città sarà orfana di una bottega che ha mostrato come vendere cibo può diventare – senza “progetti”, bandi, investimenti – un motore di cultura, inclusione sociale, preziosa caciara di quartiere.
Il miobio chiuderà definitivamente il 30 marzo. Sulle ragioni sorvolo perché sono la storia personale di qualcun altro, dirò solo che tutti e due, Andrea e Marco, avevano voglia di cambiamento e il cambiamento, stando alle frasi motivazionali, è sempre positivo.
Dal primo aprile, noi che ci abbiamo passato gran parte del nostro tempo libero saremo ufficialmente gli orfani del miobio, e la città sarà orfana di una bottega che ha mostrato come vendere cibo può diventare – senza “progetti”, bandi, investimenti – un motore di cultura, inclusione sociale, preziosa caciara di quartiere.
In pochi anni le strade del quartiere hanno cambiato faccia: chiuse le botteghe, il macellaio storico, l’ortofrutta di via Borsieri. Al loro posto, ristoranti, pizzerie, bistrot. Luoghi-concept, con l’immagine coordinata
Io in particolare prima di tornare lucida dovrò piangere un po’, perché al miobio devo molto. Qui ho scoperto i formaggi del Boscasso, gli avocado di Carlo Nicotra, i vini di Fausto AndiÈ in parte grazie al miobio se mi sono appassionata alle storie di cibo e ho deciso di mettermi a scriverle. Di sicuro è grazie al miobio se sul cibo sono diventata anche io riluttante ai compromessi.
Per cinque anni è stato il mio rifugio, dopo una giornata di lavoro. Andavo a ripararmi in mezzo a quel ricettacolo di figure da osteria e ci stavo bene. Tutti a ciondolare per ore intorno al bancone, senza darsi appuntamento. Più ancora del cibo buono, delle serate di festa, questa è la cosa che mi mancherà di più.
Una volta chiuso, mi toccherà davvero volgere lo sguardo altrove nel quartiere e certificare un processo già ampiamente avviato, che in pochi anni ha cambiato faccia alle strade dell’Isola: chiuse le botteghe, il macellaio storico, l’ortofrutta di via Borsieri. Al loro posto, ristoranti, pizzerie, bistrot.Luoghi-concept, con l’immagine coordinata. Segmenti di una lunga mangiatoia che cancella i percorsi e le abitudini del quartiere, la sua storia, e ci dà in cambio una indistinta distesa di movida gastronomica.
Allora guardo un po’ più in là, verso botteghe che conosco solo da lontano ma che per certi aspetti mi ricordano il miobio: Le Zingam a Parigi, Piccola Bottega Merenda a Roma, Soul Food, in via Gola a Milano. Sono certa che il rinascimento culturale del cibo nasca da questi posti qui. Posti disordinati, dove fai la spesa tutti i giorni e non solo la passeggiata nel fine settimana; dove il cibo costa abbastanza per dare respiro a tutta la filiera, ma dove puoi anche chiedere delucidazioni sulla filiera al fruttivendolo, che saprà argomentare le risposte con competenza.
Nel caso del miobio ci siamo tutti un po’ innamorati anche della sua imperfezione: ultimo fronte romantico di una città ambiziosa. Ci siamo lamentati dei prezzi oscillanti, del non sapere dove poggiare la spesa, delle noci dell’albero secolare che due volte su tre erano vuote, di quel poster orribile in tipico stile equo e solidale. Ma alla fine erano questi dettagli scomposti a renderlo così accogliente.
Col miobio chiude un pezzo importante del quartiere e della vita di chi l’ha fondato e gestito. E poi di chi ci ha bivaccato, chi ci si è ubriacato spaccando le sedie, chi ci ha annunciato gravidanze, chi ci si è innamorato. La dentro c’è anche un pezzo della mia vita, un pezzo davvero bello. È chiaro che presto o tardi lo accettiamo tutti: anche le cose belle finiscono e questo non le rende meno belle. Allora facciamo una cosa che ci riesce bene, brindiamo. Alla fine del miobio, negozio alimentari in via Thaon di Revel, in alto i calici.


sabato 28 marzo 2020

APPELLO DEI CONTADINI di TERRA TERRA. SOSTENIAMOLI!

Abbiamo bisogno di contadini,di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento.' (Franco Arminio)


Facciamo girare la voce dei e delle contadin@ di TerraTerra
Care e cari,
come terraTERRA dopo un momento di shock iniziale come tutte e tutti voi immaginiamo, sentiamo l’esigenza di dire la nostra su ciò che sta accadendo. Le responsabilità dello stato sono ormai evidenti rispetto al mancato controllo di una epidemia annunciata e la connivenza dei media ha creato un terrore cieco che ha provato a tramutare, come spesso avviene, in lotta ai poveri e fra i poveri, senza organizzare la salute pubblica in modo da non sfruttare medici e infermieri per fronteggiare questa minaccia. Colpevoli perché memori di anni di tagli e privatizzazioni. I risultati purtroppo ancora non sono sotto gli occhi di tutti e tutte, il peggio deve ancora arrivare. Il prolungarsi di questo periodo di isolamento avrà svariate ripercussioni per chi è vittima di violenze domestiche, per chi soffre di patologie psichiche, per chi ha bisogno di fare attività fisica, … dopo questo periodo di isolamento ci aspetta l'ignoto. L'onda repressiva in atto peggiora un apparato legalista che già rendeva a noi contadini la vita quasi impossibile. La situazione, dopo oltre un mese senza mercati contadini è insostenibile, come tutte/i non possiamo uscire dal comune di residenza/domicilio. Molti di noi sono produttori di fatto, se “prima” era complesso sbarcare in città, adesso è impossibile. Siamo piccoli produttori, alcuni senza partita iva e in questi anni abbiamo conferito a molti e molte di voi il surplus della nostra produzione. Ora ci troviamo ad avere prodotti, sopratutto fresco, prodotti che vanno a male e abitiamo e produciamo lontano da Roma. Dalle campagne alla città vorremmo esprimere la nostra solidarietà nella speranza che questa situazione ci faccia riflettere sulle rassicurazioni della GDO, con le file per comprare cibo al supermercato rendendo difficile approvvigionarsi in altra maniera, e sui limiti della metropoli, anche noi per completare la nostra alimentazione rispetto alle produzioni, stiamo incontrando grandi difficoltà. La repressione é forte e le scorte economiche stanno finendo. Abbiamo volutamente usato il NOI e VOI, per rimarcare l’isolamento che stiamo vivendo, la separatezza tra città e campagna in questo momento si fa ancora più evidente. Contemporaneamente, queste note sono state prodotte dall’insieme rurale ed artigiano di tT, comunicante ma isolato anch’esso. Ed in questo siamo uniti/e. Come siamo uniti, pensiamo, dalla comune volontà di superare questa fase, di rimettere al centro del nostro agire l’autogestione, la solidarietà, il mutuo aiuto, la rottura dei ruoli. Superare e distruggere, quindi, le separazioni proprie di questa nostra epoca. 

Vogliamo rivedervi, vorremmo riportarvi i nostri prodotti, se e quando vorrete siamo qui per organizzarci.
contatti: terraterra@forteprenestino.net

venerdì 27 marzo 2020

Sicilia - Caltanisssetta - Santa Rita, borgo con 10 abitanti e un grande forno. Quello di Maurizio Spinello

 LE FARINE DI GRANI ANTICHI SICILIANI DI FILIPPO DRAGO DEL MOLINO DEL PONTE E LA PASTA MADRE DI FAMIGLIA. LA LIEVITAZIONE LENTA E IL FORNO A LEGNA. LA TRADIZIONE, QUELLA DI MAURIZIO SPINELLO E DEL SUO FORNO SANTA RITA. ECCO LA SUA STORIA.

Aprire un panificio in un borgo di dieci anime non è cosa da tutti. Forse è da pazzi visionari, con poco fiuto per gli affari. Forse. Perché la storia ha smentito quest’ipotesi e dato ragione a Maurizio Spinello. Lui, cresciuto in una famiglia di contadini e allevatori, in cui il papà allevava vacche da latte e la mamma faceva il pane per loro e per venderlo ai passanti, una volta grande aveva due possibilità: andarsene da Santa Rita, come facevano tutti i coetanei, o seguire la strada del padre. “Io ho optato per la terza possibilità: fare il pane”. Così nel ’99 richiede la licenza e un prestito per concretizzare il suo sogno e aprire, con l’aiuto dei genitori, il Forno Santa Rita nell’omonimo paesello, tanto romantico quanto pressoché disabitato, un paese fantasma sperso nelle campagne attorno a Caltanissetta.
All’inizio è stata dura. Nel borgo ci vivono tre famiglie, magari gli abitanti durante il giorno aumentano perché arrivano a Santa Rita per lavorare i campi, ma giunta la sera se ne vanno nei paesi limitrofi. Quindi, non potendo contare sui clienti privati, ho cominciato a vendere il mio pane alla grande distribuzione, alla quale però interessa di più la quantità (e la convenienza) piuttosto che la qualità. La cosa non mi dava molta soddisfazione, avrei voluto vendere un pane di qualità a chi avesse capito realmente quello che stava comprando”. Passano un po’ di anni, gli affari iniziano a ingranare e Maurizio può finalmente fare il passo decisivo: richiedere, per poi ottenere, la certificazione dell’Aiab (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica). Da questo momento in poi comincia a distribuire ai bar, ai ristoranti o ai negozi specializzati bio. Riceve molti riconoscimenti che gli permettono di acquisire visibilità e credito, comincia a organizzare corsi di panificazione. “È capitato venissero spagnoli, canadesi o giapponesi. Un fumettista giapponese si è sentito talmente tanto ispirato dal borgo che sta preparando un fumetto! E ogni ultima domenica del mese organizzo “Il cibo che unisce”, una fiera del biologico alla quale partecipano le aziende bio della Sicilia. L’evento lo organizziamo e lo sponsorizziamo noi del forno ma il ritorno, in quanto visibilità, è talmente grande che non mi importa nulla di investirci dei soldi. A me basta far conoscere il borgo in cui sono nato e dove ho deciso di vivere”. È anche un momento di convivialità, con musica e spettacoli teatrali, e soprattutto di confronto tra i vari produttori. La cosa funziona: “Pensate che durante questo evento il borgo arriva a ospitare fino a duemila persone”.
Ma cos’ha di particolare il pane del forno Santa Rita? “Utilizzo grani antichi siciliani, ottenuti con molitura a pietra, e preparo il pane seguendo le ricette e i metodi tradizionali che includono lievitazione lenta e cottura nel forno a legna”. I grani antichi del territorio, coltivati principalmente tra Villalba e Marianopoli (Caltanissetta), sono Russello, Tumminia, Perciasacchi, cui si aggiunge Senatore Cappelli. Nonostante rendano meno delle varietà convenzionali sono di una qualità incomparabile. Questi vengono moliti a pietra: “Ho girato mezza Sicilia per trovare il molino adatto, tutti mi facevano vedere quelli moderni, che surriscaldano il grano durante la molitura. Poi ho conosciuto un altro pazzo come me, Filippo Drago, e il suo mulino del Ponte a Castelvetrano, in provincia di Trapani”. Alla farina Maurizio aggiunge sale, acqua e pasta madre: “quella che mia nonna regalò a mia mamma e mia mamma, a sua volta, donò a me. Una pasta madre di tre generazioni”. I panetti ottenuti rimangono a lievitare dalle cinque alle sette ore, in base alla stagione (d’estate serve meno tempo), poi vanno direttamente nel forno a pietra, fatto con mattoni di terra cotta, dove il legno di mandorli o di ulivi della zona conferiscono fragranze e aromi unici. Il pane che ne esce è di qualità, sa di fieno, di terra, di legno e si mantiene anche per più di una settimana, rendendolo adatto alle spedizioni. “Noi vendiamo anche ai privati: la gente, che ci conosce tramite il passaparola, ci contatta o per mezzo della pagina Facebook o telefonicamente”. L’unico consiglio è quello di prenotare. “Lavoriamo su prenotazione: le ordinazioni le raccolgo il giorno prima in modo tale da potermi organizzare il lavoro. Oggi per esempio dovrò cominciare gli impasti nel primo pomeriggio, considerando i tempi di lievitazione e di cottura”. Maurizio propone diversi formati, a partire dal quartino al chilo, e differenti varietà: c’è il pane integrale, quello bianco e il burattato, che non è né integrale né bianco (ha poca crusca), c’è quello bio o quello convenzionale, quello con le olive e il pane dolce alle mandorle. Ci sono i biscotti secchi, gli Umberto o i Regina, fatti con latte vaccino e uova bio, oppure le scorze di cannolo al forno, preparate con farina di grano tenero Maiorca (sempre siciliano), zucchero, vino e burro di soia.“Cerchiamo di utilizzare ingredienti che fanno bene, quindi evito lo strutto e i prodotti fritti. Ora abbiamo due linee, la convenzionale e la biologica, ma speriamo di mantenere solo quella biologica”. Preparano anche le pizze, a modo loro ovviamente: pasta del pane schiacciato e condito con pomodoro, olive, formaggio oppure, per chi non ama i latticini, mollica di pane. Il prezzo del pane? Quello bio 4 euro al kg mentre il pane convenzionale, sempre fatto con metodo tradizionale a lievitazione lunga, dai 2,5 ai 3 euro.
Nel mese prossimo, burocrazia permettendo, aprirà anche un pastificio bio di pasta fresca e secca. “Ho già comprato i tre macchinari principali: essicatoio, macchina per tirare la pasta e refrigeratoio. Nel nuovo pastificio utilizzerò ingredienti biologici, dalle farine alle uova”. E il prossimo sogno nel cassetto è quello di aprire una sorta di agriturismo:“Per ora abbiamo comprato degli immobili che andremo a restaurare. Non c’è alcuna fretta: preferisco pazientare per poi proporre qualcosa di particolare e non scontato”.
Dopo l’incontro con Maurizio abbiamo capito che per lui il pane e la pasta, per quanto li adori, sono un semplice mezzo per valorizzare il suo territorio perché da Santa Rita, lui, non se ne vuole andare. E in realtà non vuole nemmeno che i suoi figli siano costretti ad andarsene per mancanza di prospettive. “Loro per ora sono contenti e spero che un domani possano godere dei sacrifici miei e dei nonni. Spero inoltre che questo bel borgo si ripopoli perché, in fondo, chiunque dovrebbe avere la consapevolezza che tutto viene dalla terra. Bisognerebbe fare un passo indietro e con umiltà ricominciare dalla madre terra. Sono convinto che così si potrebbe vivere bene, tutti, nessuno escluso. Io sono un sognatore con una mano aggrappata alla tradizione e l’altra tendente all’innovazione e so per certo che Santa Rita ha un potenziale enorme. È per questo che mi sono assunto la responsabilità di investire su di essa, non tanto con i soldi ma attraverso i sogni”.
Forno Santa Rita | Borgo Santa Rita | Caltanissetta | tel. 339.7688542 | https://www.facebook.com/FornoborgoSantaRIta/info

Pacco 'Castello Conti' consegne gratuite! Approfittate e date una mano ai vignaioli naturali!



Gentili Clienti e Amici,
Augurando a tutti voi che questa emergenza possa finire presto, prorogriamo la CONSEGNA GRATUITA anche per tutto il mese di aprile.
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Oltre ai nostri vini e a quelli amici, si potranno aggiungere anche i prodotti presenti in cantina: biscotti "nebbiolotti", cioccolatini all'eliXir e di Modica, marmellate e composte, olio, riso, pasta tajarin, sughi e altre specialità (ordine minimo vino e prodotti 50€).
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Inoltre, con l'acquisto di una scatola di 6 bottiglie di vino, in OMAGGIO un prodotto a sorpresa.
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Per info e ordini: info@castelloconti.it / 0322 87187
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Appello Flai Cgil: tutelare i migranti che lavorano nei campi.

Lettera-appello al presidente Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte e alla ministra Teresa Bellanova della Flai Cgil: «Come sindacati e associazioni esprimiamo inquietudine e preoccupazione per le condizioni di migliaia di lavoratori stranieri impiegati nel settore agricolo: i Prefetti intervengano per sanare i ghetti in cui spesso vivono».  «Il rischio che il Covid-19 arrivi in quegli aggregati, tramutandoli in focolai della pandemia, è motivo di fondata apprensione. Nella miseria dei ghetti, la cui ubicazione si incardina sempre nei distretti a forte vocazione agricola, il quotidiano degli immigrati è scandito da immutata cadenza nonostante la spada di Damocle rappresentata dal Covid-19», sottolinea l’appello.
«Le richieste di restare a casa o lavarsi le mani, rivolte alla comunità nazionale da tutti gli organi istituzionali e d’informazione, per loro sembrano chimere. Sopravvivono in immense distese di catapecchie senza acqua né servizi igienici. I ragguardevoli provvedimenti assunti dal Governo per l’emergenza coronavirus non prendono in considerazione queste realtà. A fronte dell’impegno delle organizzazioni che continuano ad operare sul campo, non ci risulta da parte degli organi istituzionali alcun intervento specifico di prevenzione in questi contesti altamente a rischio. Una allarmante discrasia che richiede correttivi istituzionali immediati in una cornice di monitoraggio preventivo nonché di presa in carico degli eventuali casi di Covid-19, in ossequio al principio costituzionale della tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività», continua l’appello.
Oltre all’intervento dei Prefetti, l’appello chiede «una regolarizzazione per far emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità. Sarebbe una misura di equità e di salvaguardia dell’interesse nazionale, in questa difficile fase in cui un eventuale pregiudizio all’agricoltura, nella sua funzione tutelare della sicurezza alimentare della comunità nazionale, sarebbe drammaticamente deleterio. Questo però non dev’essere uno strumento per rifornire il settore primario di lavoro a buon mercato in un momento di shock economico. È necessario, pertanto, rafforzare le misure di contrasto al lavoro nero e favorire l’assunzione di chi sta lavorando in maniera irregolare, applicando i Contratti Collettivi agricoli. Servono soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non possono attendere», si conclude l’appello.
La lettera ha come primo firmatario il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni. Tra le altre spiccano quelle di Don Luigi Ciotti, di Mimmo Lucano, di Luigi Manconi e di Roberto Saviano.