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venerdì 22 gennaio 2021

I RACCONTI DI AGRICOLOGIAN! PIEMONTE - MASSERANO (BI) AZIENDA AGRICOLA ANDREA BALTERA BOCCHIONE

 

I racconti di Agricolo Gian ... alla scoperta di nuovi vini e vitigni



Questa sera a cena.....

Coste della Sesia Rosso 2018
Az. Agr. Andrea Baltera Bocchione
Siamo in Alto Piemonte, precisamente a Masserano (Bi), comune all'interno della denominazione Bramaterra Doc, antico feudo pontificio famoso già nel medioevo per la qualita dei suoi vini, tanto da essere servito sulle tavole di vescovi e papi, che in queste zone avevano diversi possedimenti atti alla coltivazione della vite.
E in queste zone la famiglia di Andrea possiede vigneti da generazioni, utilizzati in passato per autoconsumo e commercio di vino sfuso, diventato poi il vino da servire nell'attività agrituristica intrapresa poco più dquindicina di anni fa, e ora diventato finalmente, seguendo un sogno da sempre nel cassetto, questa interessante bottiglia, una delle più valide rappresentazioni del territorio, di questa parte di Alto Piemonte che sta avendo una seconda rinascita enologica, grazie all'impegno di molti viticoltori, più o meno giovani, che in una zona ristretta ma molto variegata a livello di suolo, forniscono diverse interpretazioni di questi splendidi vini a base Nebbiolo, vitigno presente in zona da sempre.
E sono contento e onorato di poterla assaggiare tra i primi.
Siamo nella parte più alta delle colline di Maserano dove il terreno è composto prevalentemente da sabbie gialle plioceniche che esaltano sapidità, eleganza ma anche corpo e sostanza. L'assunto troppo didattico che i terreni sabbiosi non permettono di avere vini ricchi di sostanza, viene smentito spesso dai fatti.
Annata 2018, Nebbiolo 70% Croatina 30% e un saldo di Vespolina e Uva Rara, viene imbottigliato come Coste della Sesia Rosso per la contemporanea uscita del Bramaterra 2015, ma sostanzialmente ricalca lo stesso disciplinare. Affinamento in botti grandi, colore rubino scuro e sentori di marasca, liquirizia e spezie, che si ritrovano al gusto con un legno ben amalgamato, sapidità e freschezza tipica e gradevolissima.
Pronto da bere anche ora, ma qualche anno in più non può che migliorarlo ulteriormente.
Abbinamenti: potete gustarlo tranquillamente in solitudine, ma abbinato a una buona compagnia è la sua vocazione.
Per il cibo, vedete voi.....😁
Alla salute! 🍷👍

mercoledì 20 gennaio 2021

SARDEGNA - SENNORI (SA) - TENUTE DETTORI




Dettori 014

100% Monica, affinamento in cemento
Rubino scuro virato verso il granato sull'unghia, al naso un'esplosione di frutta rossa matura, macchia mediterranea, bacche di mirto, liquirizia dolce e note eteree.
Il sorso è pieno e vivo, trama tannica fitta ed elegante, l'alcol (15.5%) perfettamente bilanciato dalla sferzante acidità.
Buono buono!


“Io non seguo il mercato, produco vini che piacciono a me, vini del mio territorio, vini di Sennori.
Sono ciò che sono e non ciò che vuoi che siano”

La famiglia di Alessandro Dettori è di pastori e agricoltori. “Coltiviamo la terra e la vigna da secolare memoria. Tutte le lavorazioni: in Vigna come in Cantina vengono svolte in Famiglia e manualmente. Non esistono calendari predefiniti ne schede di lavorazione standard. Per noi la nostra azienda non è formata da appezzamenti di vigna ma da una miriadi di singoli acini. “Ciò che è vivo ha bisogno di Vita”. A Badde Nigolosu preserviamo e rafforziamo il matrimonio secolare tra il Popolo ed il suo Ambiente che si sono avvicevndevolmente plasmati qui in Romangia. Il nostro quotidiano si basa sul buon senso agronomico, coscienti che tutto parta dalla Terra. Questa viene tenuta ricca di humus, friabile, ben strutturata e ben drenata per permettere alle piante di crescere nella salute ottimale, nutrendosi in maniera naturale dall’humus del terreno. Senza alcun aiuto esterno. Piante, animali e uomini vivono e svolgono le funzioni che la Natura ha disegnato per loro, capaci anche di produrre ottimi frutti, tutti insieme in un “unicum armonico”. Sentiamo la necessità e la responsabilità di consegnare in eredità alle generazioni future
una terra fertile e sana e l’Unica via per preservare questo patrimonio è l’esclusione a priori di ogni sostanza chimica. La tecnica usata per capire quando l’uva va raccolta è molto semplice: passeggiare tra la vigna e “masticare” l’uva. Man mano che l’uva viene tagliata, con le nostre care forbici, e messa
nelle cassette, la si porta in Cantina dove viene lavorata immediatamente. Il trasporto avviene
col nostro Piccolo Camion Frigo Fiat 100. La Cantina è semplice, tradizionale, sarda. Pensata e realizzata solamente per il Vino e chi lo accompagna e non per le visite guidate. La sua realizzazione e la sua gestione sono il proseguimento del lavoro naturale svolto in Vigna. Costruita totalmente interrata dopo anni di osservazione ed analisi. Lo scavo è stato lasciato aperto per tre stagioni invernali di modo da studiarne la tenuta e le infiltrazioni d’acqua. Grazie a ciò è stato possibile individuare l’area da destinare alla vinificazione e quella per la maturazione in bottiglia. La Cantina vive di coibentazione naturale grazie al respiro delle pareti spesse due metri. Le uve, il mosto, il vino si muovono a caduta. Il materiale di fermentazione e maturazione è il cemento. L’energia elettrica è usata solo per la diraspatura e la macchina di imbottigliamento. Pur essendo sottoterra è possibile vedere sino al tramonto. I nostri sarmenti, raspi e vinacce ritornano alla Terra migliorati.
Sentiamo la necessità e la responsabilità di consegnare in eredità alle generazioni future una terra fertile e sana e l’Unica via per diminuito il peso delle nostre bottiglie e per gli altri materiali di confezionamento cerchiamo di utilizzare solo materiali riciclati. Anche l’utilizzo di cataloghi e depliant è stato ridotto al minimo. Selezione manuale di tutti i grappoli fatta da me e mio padre su un tavolo in acciaio costruito appositamente. L’uva viene diraspata ma non pigiata e viene lasciata a macerare nei tini di Cemento senza aggiunta alcuna di solforosa. La durata della macerazione dipende dalle caratteristiche del mosto. Può durare dai due ai venti giorni. Macerazioni più lunghe non appartengono alla nostra cultura. La svinatura avviene sempre a mano per preservare la buccia. Il mosto prosegue il suo cammino nelle piccole vasche di cemento sino al suo imbottigliamento, di solito dopo due – tre anni.
Tutto questo perché vogliamo che i nostri vini rappresentino l’essenza del nostro Terroir. Quello reale, vero. Creiamo Vini di Tradizione e di Territorio. Vini liberi. Liberi di esprimere se stessi, liberi di esprimere appieno un territorio poiché sono una semplice spremuta d’uva fermentata. Non sono vini schiavi delle logiche commerciali e di marketing. Non sono vini studiati e confezionati ad arte per un cliente importante.

Località Badde Nigolosu
Sennori (SA)
 079 512772
@ info@tenutedettori.it
 www.tenutedettori.it
e 22 ha.
22.000

sabato 16 gennaio 2021

SICILIA - MENFI - AG - ALTRIMENTI: Vino di casa, bianco perpetuo...


 

Ci siamo quasi

🤞
Altrimenti è [che io sappia] l’unico vino perpetuo da uve #Inzolia che sia ancora prodotto al mondo.
Fino a qualche decennio fa, a Menfi il perpetuo si faceva solo con l’Inzolia, poi ad un certo punto abbiamo smesso di crederci, e quindi di farlo.
Come tutte le cose buone, anche questo vino non può essere imbottigliato ogni anno: occorre attendere che i ricolmi si integrino con la madre perpetua, si nutrano delle sue fecce e si ambientino nella botte che non viene mai svuotata del tutto.
La prima edizione è stata imbottigliata nel 2018, adesso è giunto il tempo per l’edizione 2021 ❤️
Saranno circa 300 bottiglie.

https://www.cantinebarbera.it/it/

giovedì 14 gennaio 2021

SICILIA - RANDAZZO (CT) - AZIENDA CALABRETTA



“Il Magma nell’anima”

 

 

Tradizione


Da quattro generazioni scegliamo di coltivare i nostri vigneti seguendo la tradizione plurisecolare dell’Etna, usando molto limitatamente zolfo e solfato di rame, praticando il sovescio, la pacciamatura se necessario, l’aratura per aerare il terreno, la potatura manuale stretta, la raccolta a mano. Gli impianti sono ad alberello o a spalliera bassa con piante comunque ad alberello e i vigneti sono siti su terrazze a gradoni sorrette da muri a secco.
Il terreno lavico, la forte escursione termica tra il giorno e la notte e l’elevato irraggiamento solare diurno rendono uniche le uve raccolte, perfettamente mature, verso la metà di Ottobre.
I nostri vini, pertanto, all’olfatto e al gusto fanno rivivere i profumi e i sapori di questa meravigliosa parte della Sicilia.
La coltivazione della vite è affiancata a quella dell’olivo e alle piante da frutto sparse. Se giri per i nostri vigneti sentirai i profumi della terra, ascolterai i canti dei grilli e il ronzio di vespe e calabroni. Non mancano i coniglietti selvatici che frequentano le nostre vigne e, ogni tanto, amano cibarsi delle foglioline delle barbatelle appena impiantate… ma anche questa è natura!
Secondo la stagione si trovano i fichi d’India, le “sparagogne” e i “cavolicelli” (verdure tipiche del territorio etneo vedi note in cucina e piatti) che raccogliamo per noi e per gli amici.
Le ginestre e i fiori di montagna completano, alle alte quote, il panorama di biodiversità.
Infine non ci dimentichiamo del paesaggio: recuperiamo, lavorandoci ogni anno, i muri a secco in pietra e puliamo i “sentieri” per attraversare le vigne.

Alla tradizione dell’azienda fa sfondo quella del territorio, infatti, già agli inizi del novecento si producevano per l'esportazione ingenti quantità di vino e lo stesso paese di Passopisciaro sorse per ospitare i numerosi contadini che, trasferendosi, vi trovavano lavoro.
Tale sviluppo ha portato sia alla costruzione di grandi palmenti sia alla nascita di molti piccoli produttori.
Oggi come un secolo fa l’Etna risplende per i suoi vini.
 

Uve uniche, perfettamente mature a metà ottobre. Gli ingredienti sono semplici, anche se rari. Terreno lavico, escursione termica, sole che batte senza sosta durante il giorno. Siamo sull’Etna, ospiti dell’azienda agricola Calabretta, nelle contrade dai nomi sonori come Montedolce e Passopisciaro. Il cognome (Calabretta) è di Gaetano, che all’inizio del secolo trascorso sposa Grazia, e con lei mette mano a terreni ereditati poco prima. Quattro generazioni, fino all'attuale, rappresentata dai cugini Massimo e Massimiliano, che si impegnano nella tutela del territorio - con i muri a secco e i sentieri per le viti - mantengono i vini della tradizione, come l’Etna rosso invecchiato e il rosato “Pista & Mutta”, affiancandogli, tra i 600 e i 1.000 metri, i vini di contrada (dedicati agli avi), il bianco dall’autoctono carricante e monovitigni in purezza come nerello cappuccio, minnella mianca, il nuovo piedefranco di nerello mascalese e perfino un pinot noir fuori zona. Anche Massimiliano si considera un vignaiuolo “apocrifo”, dato che vive a Genova: “Ma sono sceso per lunghi mesi in campo e in cantina per capire, per imparare, per fare e per rivoluzionare me stesso. Credo nei vini che piacciono e non in quelli da gara. Il vino è buono se i commensali continuano a riempire il bicchiere”. 

Il motto aziendale? “Se vuoi essere unico, devi essere differente”.


CONTATTI:

Via Bonaventura 178 A - Randazzo (CT)  0105704857, 3284565050  www.calabretta.net

e 13 ha. 40.000

VINI: 

Vino rosato, GaioGaio, Carricante Bianco, Contrada dei Cente-nari, Nonna Concetta, Etna rosso invecchiato, Minnella Bianca, Nerello Cappuccio, Piedefranco–Ungrafted

Perchè bevo vino naturale – una storia semplice… di Fabio Riccio

 



Avviso: chi la pensa diversamente, tiri dritto e legga altro
.

Da circa trenta anni mi interesso di vino, e da una decina di anni a questa parte per precisa scelta bevo quasi esclusivamente “vini naturali”.

Il mio cammino nel mondo del vino è simile a quello di tanti.

Primi anni ‘90  

Curiosità, voglia di saperne di più, scoprire che i sensi hanno potenzialità inimmaginabili e così, additato dai più come un pericoloso “carbonaro etilico” iniziavo i primi corsi di avvicinamento, poi i livelli 1, 2, 3, 4, 6, 7 etc etc…

Qualche anno dopo, entro anche attivamente nel mondo del ciboper fortuna dalla porta principale, e ammetto che per un po’ Bacco finisce relegato (a tortoa comprimario di ciò che mangio.

Però, il primo amore bussa di nuovo alla porta, stavolta più insistente.

Riprendo a interessarmi al vino con più tecnica, ma senza i lacci e lacciuoli di divise, sontuosità e liturgie autoreferenziali di un certo modo di intendere il vino, cose che mi avevano infastidito già all’inizio del mio percorso.

Fine anni ‘90 secolo scorso

In giro fanno capolino timidamente le prime bottiglie “biologiche”.

Il termine “naturale” non era ancora in voga.

Sempre pronto a confrontarmi, provo le “novità”.

Purtroppo, gran parte di quel che all’epoca (mi) capitò nei calici, alias non pochi vini, in tutta onestà si dimostrò imbevibile, o quantomeno mediocre sensorialmente.

Si, qualche bottiglia era interessante, come condivisibile la “filosofia che si portava dietro, ma la maggioranza non mi scaldava, anche se lscoperta che alcuni Moloch dell’enologia nostrana (e d’oltralpe) lavoravano in “naturale”, iniziava a mettermi la pulce nell’orecchio…

Non abbastanza, però.

Pur non chiudendo a priori, rientro nel rassicurante mondo dell’enologia istituzionale fatto oggi come allora, di granitiche certezze, sempre da libero battitore, ma con un granello di curiosità in più.

Altri dieci anni, e per caso incontro sulla mia strada una nuova generazione di “naturali” in calice…

Visto che concedo sempre una seconda (talora terza) possibilità, assaggio.

Prima timidamente, poi sempre con più convinzione mi accorgo che la musica è cambiata, molto.

Mi si apre tutto un mondo dove i vini palesemente difettati sono ormai rari, ancor meno quelli “noiosi”.

Molti, moltissimi invece quelli sorprendenti per il poliedrico corredo sensoriale, decisamente più ampio rispetto ai “convenzionali”, espresso però in un linguaggio diverso, dai registri mai ripetitivi o scontati, almeno rispetto a quel che ero abituato,

Per alcuni una “rivoluzione”, per me un piacevole e provvidenziale scossone.

Però, abbandonare il sicuro e il rassicurante, non è semplice…

Infatti, il dilemma per qualche tempo è stato questo: possibile che i vini che bevevo fino qualche anno prima iniziassero a risultarmi non cattivi o difettati, ma semplicemente noiosi e in qualche caso perfino banali?

Si.

Si, perché alla fine di questo percorso, come già detto comprensivo anche dei miei “Stop and go”, avevo finalmente focalizzato due principali fattori che anno dopo anno hanno impoverito e reso “piatto” gran parte del mondo del cosiddetto “vino convenzionale” e che mi hanno spinto nel mondo dei “naturali”

– l’eccessiva corsa ad allargare la fascia di consumatori, e l’invadenza di una “certa scuola di pensiero” legata a doppio filo alle industrie di prodotti enologici, aveva portato pian pianino al prevalere “certi modelli di vino”, rassicuranti e buoni un po’ per tutti.

Di conseguenza, i protocolli enologici di produzione si erano piegati a questo andazzo (pur con qualche lodevole eccezione…) immettendo sul mercato vini che, a discapito dei nomi e di quanto in etichetta, giocavano le loro carte sensoriali solo su determinati registri, a dispetto della comunicazione che invece esaltava presunte territorialità e tipicità, nei fatti risibili, almeno sensorialmente.

2 – In conseguenza di quanto scritto prima, il vino era stato trasformato in buona parte in un prodotto massificato e industriale, dove la “scienza”, il marketing e la rincorsa all’ultimo sangue del consumatoreprevaricano la sfera sensoriale, e questo non solo per le realtà da milioni di bottiglie, ma anche per tante piccole e per molti versi lodevoli cantine che, pur “davvero artigiane”, nei fatti finivano per appiattire i loro vini ai protocolli di quelle industriali.

E ora?

Chi ha fatto la scelta di bere “naturale” sa bene che è difficile se non impossibile tornare indietro.

Non è solo la mia opinione, ma quella di tanti e non solo per i motivi “etici”. Come già detto, l’innegabile e più variegato corredo sensoriale che in generale contraddistingue i “vini naturali” fa la sua parte. 

Però, personalmente, se non trovo sulla mia strada un “vino naturale”o se sono ospite, non ho problemi a bere, e magari anche apprezzare qualche “vino convenzionale”, però, in questi casi, se sento (o leggo in etichetta…) la parola territorialità, faccio come Joseph Goebbels quando udiva la parola “cultura”.

«Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola» (io solo metaforicamente…).

Giusto a titolo di curiosità, nel mondo dei convenzionali sto iniziando ad osservane una nuova, e per molti versi curiosa tendenza.

E’ quella dei vini “costruiti fino all’inverosimilealias piegati ed esagerati fino al parossismo verso registri sensoriali anni luce distanti dal terroir a cui dovrebbero appartenere.

Paradossalmente, ammetto che alcuni mi hanno incuriosito per il gran lavoro che c’è dietro, anche se in questi casi chi mi parla (e scrive in etichetta) di territorialità commette un abominio bello & buono

Però, gli opposti a volte si attraggono…

Infine, due ultime notazioni a margine.

La prima è sul fiorire di tante cantine che si richiamano al mondo del “naturale”.

Alcune sono giovani realtà artigianalche lavorano davvero bene, altre invece sembrano calate nel mondo dei “naturali” per mera convenienza (di alcune industriali o semi-industriali ho perfino dubbi sulla loro reale “naturalità”) solo per inseguire il business della piccola e montante moda dei “vini naturali”.

Spero ardentemente che tutto questo fervore non vada a scapito della qualità e della bontà dei vini, perché sarebbe una iattura per tutto il movimento dei “naturali” riportare indietro l’orologio fino al tempo di quando più di un “vino naturale” palesava problemi realinon solo percepiti, magari mascherati dalla tafazzistisca & autolesionista dichiarazione… «ma è perché metto pochissima (o niente) solforosa…» che tradotto in parole povere diventa la solita formuletta “vino naturale” = vino che puzza…

In ogni caso, l’innegabile crescita del mondo “naturale” in più casi ha avuto l’effetto di costringere molti ristoranti a trovaremagari controvoglia, un angolino per i naturali nelle loro carte dei vini… perchè bevo vino naturale

La seconda è che una parte della sommellerie nazionale istituzionalizzata sta iniziando a interessarsi senza senza pregiudizi e senza “puzze al naso” ai “vini naturali”.

Bene, anzi: benissimo, bella sorpresa, però purtroppo ancora limitata a pochi singoli soggetti.


P.S – Il (mio) concetto di “vino naturale” è semplice.

In vigna “bio spinto” e nessun trattamento salvo rame e zolfo il minimo possibile.

In cantina SOLO fermentazioni spontanee, niente chimica, e se proprio serve un minimo di SO2 in imbottigliamento.

Limitatamente a qualche specifica situazione geografica e/o climatica, un blandissimo (magari artigianale) controllo della temperatura ci può anche stare…

P.S. bis – Logicamente il “vino naturale” non esiste, perché il vino è sempre e comunque frutto dell’interazione dell’uomo con la natura, però il termine (pur manifestamente errato) è ormai entrato nell’uso.

Un po’ come il termine “Indiani d’america”.

Non hanno nulla a che spartire con gli Indiani dell’India, ma per tutti sono semplicemente “gli indiani” e basta!

In ogni caso, nello scrivere “vino naturale”, a scanso di equivoci uso sempre il virgolettato…

 (fonte: https://www.gastrodelirio.it/fabio-riccio/perche-bevo-vino-naturale/2021/01/)