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martedì 29 settembre 2020

“Ho conquistato l’America coi miei vini, ma lo Stato mi ha dimenticata” Marilena Barbera, viticultrice siciliana di Menfi, ha rinunciato a una brillante carriera per riprendere l’azienda del padre. Ha conquistato il mercato. Ma poi è arrivato il coronavirus. E lei è rimasta sola.


 C’è un’azienda a Menfi che produce vino naturale e di qualità da più generazioni. L’ultima della generazione è Marilena Barbera, una laurea in Scienze Politiche (indirizzo internazionale) e una tesi con Pino Arlacchi (consulente per le criminalità organizzate presso l’Onu) che la voleva nel suo team. Ma dopo la morte improvvisa del padre, Marilena decide invece di prendersi cura dell’azienda. Una scelta voluta e consapevole, per quanto dura e piena di responsabilità.

Da oltre vent’anni Marilena conduce quindi una casa vinicola, coniugando tradizione e innovazione. Ha studiato ed imparato le tecniche enologiche da esperti, amici e amiche vignaioli, in un confronto continuo e costruttivo.

Il suo è un vino rinomato, di tutto rispetto, annoverato tra le eccellenze della Sicilia. Si vende parecchio negli Stati Uniti, dove va la maggior parte della produzione: Cataratto, Nero d’Avola, Rosato e così via. A poco a poco ha recuperato vitigni autoctoni, che circondano gli ettari – tutti coltivati – dell’azienda.

Marilena insomma è un’imprenditrice vera. E’ una che rispetta i suoi dipendenti, li tiene in regola.  Gente con moglie e figli, coltivatori fondamentali nella conduzione dell’azienda.

Ma quando è arrivata la panedemia coi suoi lockdown Marilena s’è ritrovata davanti giorni difficili, a partire dal blocco delle esportazioni imposto da Trump. Alla fine ha dovuto mettere in cassa integrazione i dipendenti. Tanto – diceva ottimisticamente – lo Stato non lascerà soli né voi né noi. Invece la è stata un’altra, ed è stata amara.

I dipendenti da marzo non hanno ancora ricevuto un euro di cassa integrazione. Col secondo lockdown estivo Marilena ha dovuto sospendere le visite guidate in azienda e le vendite si sono letteralmente bloccate. Nonostante tutto questo, non se l’è sentita di lasciare a casa i suoi due dipendenti, senza un ammortizzatore sociale che supportasse loro e le loro famiglie. Così ha deciso di riassumerli, nonostante le perdite e i debiti con le banche cui è stata costretta a esporsi.

Marilena Barbera non è una vignaiola qualunque. Ha sempre creduto nella politica, quella vera, sana e pulita. Ha aiutato con i suoi vini i Siciliani nella campagna Orioles, donando non so quante bottiglie il cui ricavato fu interamente destinato alla campagna di comunicazione. Andò a sue spese nelle Marche, a Senigallia, per portare la testimonianza di un’imprenditrice donna in Sicilia in un incontro (promosso da Anpi, Comune di Senigallia, Liceo E: Medi, Città futura, Libera e altri) con i ragazzi delle scuole, i cittadini e i giornalisti antimafia.

Oggi Marilena non riesce più ad aver fiducia nelle istituzioni. Lei, che avrebbe potuto intraprendere una brillante e sicura carriera accademica e diplomatica, è amareggiata al punto di non voler più sentire parlare di politica e di promesse dei vari governi. L’entusiasmo si è trasformato in sfiducia, anche se si continua, fra mille difficoltà, a lavorare.

“Perché – dice – mi sento lasciata sola. Dopo vent’anni di durissimo lavoro, non ho più l’energia di prima perché non so fino a quando potrò aiutare i miei dipendenti e non so se ripartirà, ma davvero, l’economia.. Finora – continua – dal governo solo chiacchiere e promesse. Nessuna concertazione, nessuna comprensione del dramma che tanti imprenditori e imprenditrici stanno vivendo sulla propria pelle. Se continua così non so come finirà, ma di certo non finirà bene”.

Ma chiudiamo con una nota di speranza. Fra qualche settimana la vedremo a “Lieti Calici”, il primo Critical Wine siciliano dedicato ai Vini Naturali. E speriamo anche sulle prime pagine dei “Racconti del Vino”, il libro che accompagnerà questo evento, dove anche lei potrà raccontare le sue fatiche e le sue battaglie e, se lo vorrà, denunciare la solitudine di un’imprenditrice siciliana che si fidava del suo Stato.

EPIFANIO GRASSO

DA : I SICILIANI GIOVANI : https://www.isiciliani.it/storie-siciliane/#.X3OKqMIzbIU 

lunedì 28 settembre 2020

IL VINO DEL SORRISO 'AGRICOLA GIAN' - BIELLA. VINO E INCLUSIONE SOCIALE, UN CONNUBIO DA SOSTENERE. IL VOLTO BELLO DEL TERZO SETTORE


 

Siamo contenti che Tu sia arrivato in questa pagina- DICONO DALLA PAGINA ISTITUZIONALE DELL'ASSOCIAZIONE 'TI AIUTO IO', perchè crediamo molto in questo progetto, e se sei arrivato qui è perché sei curioso di sapere meglio la storia: come è nato, chi collabora...

e 'LIETI CALICI' curiosa com'è, va a cercare le realtà più interessanti che riguardano il mondo del vino. E ci fa molto piacere dar voce a chi usa il vino come possibilità di riscatto e di inclusione sociale. Ecco perchè siamo arrivati nella vostra pagina e di questo ne siamo felici.

L'Associazione Ti Aiuto Io Ti ringrazia fin da ora! :-) e spera che tu possa diventare un nostro affezionato amico.

“A provocare un sorriso è quasi sempre un altro sorriso.”

(Anonimo)

Gian non ha una sua azienda. Gian aiuta questa associazione a fa produrre dell'ottimo vino e dall'immenso sorriso.

Il 'VINO DEL SORRISO' è UN ENTE DI TERZO SETTORE. 

 L'Associazione organizza eventi di incontro tra persone disabili e non per favorire scambi e momenti in comune, punta all'integrazione attraverso la realizzazione di attività che favoriscano lo stare insieme per abbattere le barriere architettoniche e mentali.

Concretamente, per raggiungere i propri obiettivi, l'Associazione ha scelto di puntare sui Sogni, nella sezione Progetti potete vedere molti di questi sogni già diventati realtà.


VINO 2018:



A distanza di qualche anno torno a parlare con piacere di Andrea Manfrinati, viticultore in Roppolo ( BI), il suo costante impegno nei confronti dell’agricoltura sostenibile è noto in Alto Piemonte. Coordinatore assieme a Gianni Moggio del progetto “I am Agricolo”, ho avuto il piacere di incontrato all’evento “In Vigna Veritas” di Vigliano Biellese. Ottenuto da uve 100% slarina, antico vitigno autoctono piemontese, questo vino è privo di solfiti aggiunti, si ispira ai principi del regime biologico, ha subito una fermentazione spontanea seguita da lunghe macerazioni e affinamento in acciaio, non è stato filtrato.
Un prodotto che Andrea ama definire: “Vero vino Agricolo”, nell'accezione quasi rudimentale del termine, perché fatto con l’intento di valorizzare soprattutto un territorio dalle enormi potenzialità: sabbie plioceniche, limo, argilla, ph. tra i più bassi al mondo, forse con pochi mezzi, ma certamente di grande tradizione contadina.
Al calice ritrovo subito questi aspetti, una lucentezza straordinaria ed inaspettata, il rubino si tinge di granato osseRvando il bordo bicchiere, un naso freschissimo, virtuoso, il pompelmo rosa ed il ribes si alternano ad un floreale di viola e rosa, intervallato da guizzi speziati che ricordano fortemente il pepe verde. Il sorso è di stampo “centometrista” in quanto a slancio e freschezza, si avverte una sapidità che riconduce fortemente al terroir d’origine, medio corpo, fa salivare rilasciando pian piano percezioni agrumate/speziate coerenti e di grande eleganza. L’ abbinamento con un carnaroli mantecato all'onda è doveroso da parte mia, il tempo di accendere i fornelli.


https://www.tiaiutoio.org/obboettivi.html 

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https://www.tiaiutoio.org/news/item/83-diventa-nostro-socio.html




domenica 27 settembre 2020

La vendemmia di quest'anno? La fanno macedoni fantasma e africani senzatetto

 


Gli autobus che arrivano dall’Est nonostante il blocco delle frontiere. I senegalesi e i nigeriani accampati sulle rive del Belbo. E le tende della Caritas boicottate dalla Lega. Così si raccoglie l’uva da Canelli a Barolo

DI CECILIA FERRARA


«I macedoni? Sono la fortuna della viticoltura piemontese». Canelli, provincia di Asti, la patria della bollicina italiana, del Moscato d’Asti. «Con l’invecchiamento dei viticoltori e gli investimenti stranieri, sono sparite le piccole aziende con 3, 4 ettari. Ora devi avere almeno 20 ettari per stare in piedi. E lì non ce la fai più a vendemmiare con la famiglia e i vicini, sono necessari i macedoni. E le cooperative», spiega Claudio Solito dell’azienda La Viranda in piena Langa Astigiana. È qui che la famiglia Gancia, nel 1865, ha inventato il primo spumante italiano riprendendo - racconta il sindaco Paolo Lanzavecchia - «quello che facevano nello Champagne ma con un metodo italiano». Poco importa se la Gancia ora è in mano al magnate russo della vodka Roustam Tariko. «Sta investendo in qualità», assicura il sindaco. A Canelli, 10 mila anime, quasi il 10 per cento della popolazione è di origine macedone. E macedone, o bulgaro (sono lingue molto simili), si parla spesso al centro del paese, in piazza Gancia. Soprattutto ora, in tempo di vendemmia. Nel piazzale ci sono almeno 5 bus i cui tragitti possono sembrare bizzarri per chi non conosce la zona: Dogliani (Cuneo) - Delcevo (Macedonia del Nord); Kocani (Macedonia del Nord) - Canelli (Asti); più alcune linee bulgare non meglio precisate. «Sono trent’anni che lavoro con i macedoni, la maggior parte li ho regolarizzati io, quando c’erano ancora le sanatorie», racconta Piergustavo “Bimbo” Barbero, patron di una delle cooperative agricole storiche del canellese, la Pusbein. «Ora me ne stanno andando in pensione a ritmo di una decina l’anno e i figli non vogliono più stare in vigna, se ne vanno in Germania e Svizzera dove pagano meglio e c’è un welfare per la famiglia». Barbero è anche tra chi - pochi - da sempre denuncia le cooperative “sporche”, questione ormai endemica anche in queste zone di vino pregiato. «Se li assumono, li pagano per 2 o 3 giorni anche se ne fanno 50. Noi abbiamo prevalentemente lavoratori fissi che paghiamo per almeno 160 giorni su 365 per far maturare l’anno di pensione», spiega. «Nei primi anni Duemila erano ovunque», racconta Fabrizio Gambarini di Via Campesina, associazione rurale che si batte per i diritti dei contadini. «I bulgari dormivano nelle macchine, i macedoni si accampavano sul fiume». Il punto di raccolta era Piazza dell’Unione Europea dove in centinaia, alle 6 di mattina, aspettavano di essere raccolti dai padroncini di cooperative che li pagavano 4 euro l’ora. «Lo chiamo caporalato legalizzato», continua Gambarini «L’imprenditore è contento perché a fine lavoro le coop rilasciano fattura e, anche se il prezzo è troppo basso per potere essere sostenibile, non sarà certo lui a protestare». Nel 2015 il giornalista della Stampa Riccardo Coletti ha scoperchiato quello che venne chiamato “il sistema Canelli”. Ricevendo, per tutta risposta, minacce neanche troppo velate e “consigli” a non farsi più vedere in città. «Era un sistema ben conosciuto che veniva tollerato. Ma il Piemonte non è Rosarno e oggi va detto che le istituzioni e le forze dell’ordine sono molto più attente», dice. Anche se i casi, comunque, continuano a esserci: lo dimostrano due indagini dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che, a maggio scorso, hanno portato alla chiusura di due cooperative gestite da cittadini albanesi. A essere sfruttati, come sempre più spesso accade, erano ragazzi africani originari di Senegal, Nigeria, Mali. Sono loro ormai ad affollare Piazza dell’Unione Europea all’alba. «Non è Rosarno» è il mantra di chi si occupa di migranti in quest’area. La paura che l’immagine di una zona pregiata possa venire infangata da pratiche illegali è alta, in particolare in periodo di vendemmia. E soprattutto dopo la crisi delle vendite causata dal lockdown. «Sono cento, centoventi persone al massimo. È assurdo che non si riesca a trovare una soluzione abitativa per quelli che dormono in giro», dice Claudio Riccabone della Caritas. Da qualche anno organizza posti letto e pasti caldi per gli stagionali che invadono la città. Il sindaco, eletto con una lista civica di centrodestra appoggiata dalla Lega, ha deciso di non permettere alla Caritas di aumentare i posti letto in questo periodo. La spiegazione? «Sarebbe concorrenza sleale nei confronti degli altri lavoratori, magari si fanno pagare anche un euro meno degli altri». Ma questi ragazzi da qualche parte dovranno pur dormire. E allora eccoli alla stazione, ormai fuori uso, oppure accampati sotto a un parcheggio e sulle rive del Belbo, dove hanno trovato rifugio anche alcuni bulgari. «Non era meglio tenerli in un posto dove c’è un medico e dove si misura la febbre ogni giorno, visti anche i tempi di emergenza sanitaria?», chiosa Riccabone. Già, il coronavirus. Per tutto il comparto agricolo è stato un colpo enorme. Secondo il Dcpm del 7 agosto, tuttora in vigore, l’Italia ha chiuso i confini con la Macedonia. Da lì, quindi, non dovrebbe arrivare più nessuno. Chi arriva invece da Bulgaria e Romania dovrebbe stare in isolamento fiduciario per due settimane. Già da agosto Coldiretti CIA e Confagricoltura hanno lanciato l’allarme sul pericolo di una vendemmia senza forza lavoro proveniente da Romania e Bulgaria. In questo territorio sono residenti oltre 5 mila cittadini macedoni: la maggior parte lavora nella viticoltura. In più, in occasione di ogni vendemmia, arriva qui anche un numero indefinito di stagionali: parenti, amici, persone che vengono all’avventura perché sanno che a Canelli e nell’albense si guadagna in trenta giorni quello che normalmente nei loro paesi guadagnano in quattro mesi. In teoria non sarebbe loro consentito arrivare in Italia a causa delle disposizioni Covid. Ma i pullman macedoni e bulgari si vedono eccome: girano per tutti i paesini delle Langhe, fino a Canelli. L’Ires, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, ha stimato a giugno che il valore della filiera produttiva dei vini a denominazione d’origine, nella regione, si aggira intorno ai 921 milioni di euro: a questi vanno poi aggiunti altri 365,7 milioni di euro di export. Senza contare il settore dell’agriturismo e dell’enoturismo, intrinsecamente legato ai vini pregiati che vengono prodotti principalmente nei territori di Langhe, Monferrato e Roero: si parla di Barbera d’Asti, Barolo, Dolcetto d’Alba, Barbaresco, Moscato, Alta Langa. Bottiglie che costano: c’è chi dice che in certe zone del Barolo un ettaro di terra si può vendere a 4 milioni di euro. «Sono settimane che cerco di lanciare un allarme sulla situazione», peggiorata dall'emergenza sanitaria e dalle norme in vigore per contenerla. Boban Pesov è il titolare della cooperativa agricola l’Arco del Lavoratore di Roddino nell’albense, zona pregiatissima. «Il 10 agosto ho scritto una lettera al ministero dell’Agricoltura prevedendo esattamente quello che è successo e che sta succedendo». Arrivato in Italia con i genitori nel 1998, oggi è architetto e fumettista. E ha preso in mano le sorti della cooperativa fondata dal padre nel 2008. «I nostri dipendenti sono in maggioranza macedoni. Lavoriamo per le più prestigiose case vinicole nell’area del Barolo, e sappiamo bene quanto il lavoro sulla vite vada seguito in tutto il suo percorso. Non abbiamo stagionali, ma lavoratori qualificati», racconta Pesov. Dopo il periodo del lockdown, a inizio luglio, parte dei suoi dipendenti è tornata in Macedonia per vedere la famiglia. E, ammette, quando sono arrivate le prime limitazioni per gli arrivi dall’est Europa, ci si è attrezzati. «Li abbiamo fatti tornare due settimane prima, abbiamo affittato una palazzina dove avrebbero potuto passare la quarantena, ognuno con il suo bagno, abbiamo fatto le dichiarazioni di rientro all’Asl e li abbiamo testati. Su 68 rientri che abbiamo gestito, abbiamo registrato 2 persone positive asintomatiche. Uno si è negativizzato, l’altro ancora no. Abbiamo fatto tutto nel modo più sicuro e ho l’impressione che siamo stati tra i pochi, tanto che abbiamo ricevuto mille ispezioni dall’Asl». Solo il 24 agosto - a una settimana dall’inizio della vendemmia - i sindaci delle Langhe del Barolo, un’unione di 9 comuni, si sono ritrovati con le cooperative agricole della zona e con i produttori. «Sì, era un po’ tardi», ammette il sindaco di Monforte d’Alba Livio Genesio, che ha ospitato la riunione, «ma non sapevamo se i decreti sarebbero cambiati o no. Eravamo preoccupati ma ci siamo dati delle regole di prevenzione, in particolare per la quarantena, da far rispettare ai lavoratori che tornavano dai paesi a rischio. Ma i numeri sono limitati: molti che erano là non hanno fatto ritorno». Il timore però resta. Quanti tra quelli che sono tornati con i famosi bus dalla Macedonia e dalla Bulgaria hanno rispettato la quarantena? «Io non sono andato, ma i nostri tornati dalla Macedonia del Nord ci hanno raccontato che controlli non ce ne sono e molti ci chiedevano perché loro dovevano rimanere a casa 14 giorni, mentre altri nel bus si mettevano d’accordo per andare in vigna il giorno dopo», dice Jovan della Cooperativa Pusbein di Barbero. E di casi ce ne sono, basta chiedere. Un uomo bulgaro, alla tenda della Caritas, racconta di non mancare a una vendemmia da dieci anni. Dove dorme? Fuori, non si capisce se in macchina o per strada. La quarantena? «No, ho fatto il test prima di partire. Sono a posto». Ma contro la legge. Sia chi viene dalla Bulgaria sia chi arriva dalla Macedonia dovrebbe inviare autosegnalazione alla Asl di competenza all’arrivo in Italia, e poi trascorrere 15 giorni di quarantena in isolamento. L’Asl Cuneo 2 della zona di Alba e Bra conferma a L’Espresso di contare 98 persone che si sono autodenunciate. 68 lavorano alla Cooperativa di Boban Pesov: quindi solo altre 30 persone hanno comunicato il loro arrivo. Peccato che, a detta per esempio del sindaco di Monforte, nell’area del Barolo arrivino in genere almeno 3-400 stagionali. Davvero hanno tutti rinunciato? L’Asl di Asti, che gestisce anche Canelli, comunica che dal 1 agosto a oggi hanno comunicato il loro rientro 54 persone dalla Bulgaria, 261 dalla Romania e 61 dalla Macedonia. «Male, molto male», sospira Boban Pesov. «Speravo che i miei avvertimenti avrebbero portato più frutti. Questi non sono numeri verosimili. E non ci si rende conto del rischio che si corre ad avere un focolaio, ora che il turismo enogastronomico ha appena iniziato di nuovo a prendere vita».

( Grazie Maurizio!)

Da L'Espresso del 17/09/2020

sabato 26 settembre 2020

MARCHE - COLLI DEL TRONTO - AP - Az. Agr. Vigneti Vallorani di Vallorani Rocco



Non ereditiamo la terra dai nostri avi;
la prendiamo in prestito dai nostri figli.
Nostro è il dovere di restituirgliela.

Grande soddisfazione da SLOW WINE 2021: Polisia è #vinoslow e la Bottiglia



🍾 indica l’ottima qualità di tutti i vini presentati! La soddisfazione in un periodo impegnativo come questo vale doppio 😊😍. Grazie 🥂🥂🥂

 Nigro e altri 3

tre un secolo la nostra famiglia si dedica alla cura dei vigneti di proprietà e alla produzione di un vini che siano sincera espressione del territorio Piceno. Pratichiamo un'agricoltura sostenibile, rispettosa delle tradizioni locali e custode della salubrità dell'ambiente e della bellezza del paesaggio.

Crediamo nella centralità del suolo e della natura, per questo rispettiamo i suoi cicli ed il suo equilibrio. La nostra agricoltura è sensibile e rispettosa dei ritmi nella terra e del succedersi delle stagioni. I nostri vini rispecchiano l’anima del territorio in cui nascono, portandosi dietro un bagaglio di storia, tradizioni e peculiarità.


Custodi della tradizione
e del paesaggio

Da oltre un secolo la nostra famiglia si dedica alla cura dei vigneti di proprietà e alla produzione di un vini che siano sincera espressione del territorio Piceno. Pratichiamo un'agricoltura sostenibile, rispettosa delle tradizioni locali e custode della salubrità dell'ambiente e della bellezza del paesaggio.

Crediamo nella centralità del suolo e della natura, per questo rispettiamo i suoi cicli ed il suo equilibrio. La nostra agricoltura è sensibile e rispettosa dei ritmi nella terra e del succedersi delle stagioni. I nostri vini rispecchiano l’anima del territorio in cui nascono, portandosi dietro un bagaglio di storia, tradizioni e peculiarità.


I nostri Vini 


Il lavoro quotidiano di quattro generazioni della nostra famiglia è alla base della produzione dei nostri vini , armoniosa espressione di valori antichi e visioni contemporanee, in un territorio naturalmente vocato alla produzione di vini buoni e generosi. Tutti i nostri vini sono prodotti esclusivamente con le uve dei nostri vigneti alcune deI quali hanno raggiunto i 60 anni di età.

Le nostre vigne hanno dai 10 fino a 60 anni di età. Le uve mature e sane, selezionate a mano fin dalla vendemmia, vengono vinificate subito dopo la raccolta grazie alla prossimità tra vigna e cantina, in botti di acciaio, legno o anfora. I tempi di macerazione sulle bucce variano in funzione della varietà e del vino che vogliamo produrre. Le fermentazioni spontanee sono avviate dai lieviti naturalmente presenti sulle bucce ed avviate con pied-de-cuve. L’affinamento avviene sulle fecce fini in modo che i vini acquisiscano ricchezza aromatica e pienezza gustativa e raggiungano spontaneamente la stabilità.

https://www.vignetivallorani.com/vini-biologici/ 


giovedì 24 settembre 2020

PIEMONTE - LA MORRA - CUNEO - AZ AGRICOLA DI CURTO MARCO E CURTO NADIA

 

Una breve storia dell’azienda:

Nel dopoguerra l’azienda era a carattere di sussistenza, mio nonno aveva qualche mucca, animali da cortile, un maiale, qualche pecora. Si coltivavano pesche, nocciole, mele ed uva che veniva vinificata solo in parte.
Poi nel corso degli anni mio padre si è concentrato sui vigneti e ha cominciato a vinificare tutta la produzione. Fino a una ventina di anni fa la maggior parte del vino era venduto a grossisti che imbottigliavano a loro marchio e solo una parte veniva venduta in bottiglia direttamente in cantina (Marco non sarebbe mai andato ad una fiera “abbandonando” le vigne!)
Personalmente, dopo aver studiato un sacco, il liceo Classico ad Alba ed Economia a Torino, ho lavorato per diversi anni in aziende esterne, poi riflettendo sul futuro della nostra azienda di famiglia, sulla necessità di dare una continuità, a poco a poco mi sono inserita: abbiamo cominciato a imbottigliare un po’ di più e a perfezionare la tecnica ed alla fine me ne sono appassionata.
Nel 2002 mi sono licenziata per dedicarmi interamente alla cantina, lavorando a fianco dei miei genitori. Dopo anni faticosi e un andirivieni, grazie anche all’aiuto prezioso dello zio Elio Altare, nel 2007 siamo decollati.

Cenni storici e geografici sul territorio (informazioni sintetiche):
Sono le Langhe…dolci e amene colline: un posto baciato da Dio! Non saprei che aggiungere!

Condizioni ambientali del posto e dell’area di produzione (eventuali rischi ambientali):

I miei principi e idealità di produttore:
Noi produciamo vini in modo artigianale dalla vigna alla cantina. In vigna ricorriamo al letame per concimare, alle trappole ai ferormoni per combattere gli insetti, allo zolfo ed al rame come base per i trattamenti. Invece del  diserbante usiamo la falce per tenere le vigne in ordine. Nei vini non usiamo lieviti esterni, l’uso della solforosa è minimo. I vini non sono filtrati e neanche chiarificati per mantenere la massima ricchezza e naturalità.

La mia opinione sull’utilizzo di OGM: contraria!
L’uomo, così come la vite e gli alberi, devono nutrirsi con ciò di cui si sono sempre nutriti… la salute e il rispetto verso noi stessi e verso il creato prima di tutto!

Proprietario: Nadia Curto
Possibilità di visitare l’azienda (si o no; se sì indicare in quali giorni): si, sempre su prenotazione
Eventuali strutture ricettive (tipologia e n° posti): no
Eventuali servizi in azienda (agriturismo, b&b, ristorazione…):
Eventuali prodotti acquistabili in azienda: vino
Descrizione del nucleo famigliare e loro coinvolgimento nelle attività agricole (descrizione sintetica): Marco e Adele sono i miei genitori ed hanno dedicato la loro vita alla conduzione dei vigneti e al vino… io, Nadia, sono la secondogenita, e sto dando continuità a ciò che loro hanno costruito.

Estensione terreni (ha): 4
Superficie coltivata a vigneto: 4
Altre colture (quali):
Tipo di conduzione (proprietà/affitto/altro): proprietà
Tipo di coltivazione (convenzionale, integrato, biologico, biodinamico, con o senza certificazione, altre particolarità): biologico, in attesa di certificazione, siamo in fase di conversione.
Eventuali società di certificazione: Eco gruppo
Eventuale laboratorio di analisi utilizzato: Accredia

Enologo o responsabile di cantina (se consulente, specificarlo): Nadia Curto. Nessun enologo e nessun consulente.
Agronomo o responsabile conduzione agricola (se consulente, specificarlo): Marco Curto. No agronomi no consulenti.
Lavoratori fissi (indicare il numero):1
Lavoratori stagionali (indicare il numero): 1
Tipologia di contratto di lavoro utilizzata per i lavoratori fissi:
Tipologia di contratto di lavoro utilizzata per i lavoratori stagionali: contratto operaio agricolo a tempo indeterminato e contratto di bracciante agricolo a tempo determinato.
Ricorso a lavoro interinale (si o no, frequenza): no



Vini prodotti (Denominazione e cru o nome di fantasia):
Dolcetto d’Alba Doc
Barbera d’Alba Doc
Langhe Freisa Doc
Langhe Nebbiolo Doc
Barolo La Foia Docg
Barolo Arborina  Docg
Barolo Arborina Riserva Docg

Numero totale di bottiglie prodotte (mediamente): 22/25.000
Vendita diretta (specificare se in azienda, mercati, fiere, e la percentuale): si
Canali distributivi (specificare quali agenti/distributori, aree di interesse, e la percentuale): no agenti, 2 distributori , 5% del venduto.
Vendita nella media e/o grande distribuzione (specificare si o no e se si in quali catene, per esempio Coop, Eataly, ecc.): no
Totale vendite ultimo anno (solo vino, fatturato e vendita diretta): bho?


Ragione sociale: Az. Agr. Curto Marco di Curto Nadia
Indirizzo: Fraz. Annunziata – Borgata Ciotto 59, La Morra (Cuneo)
Telefono: 0173 50640
Fax: 0173 50640
E-mail: nadia@vinicurto.it
Sito internet: www.vinicurto.it


( Fonte: La Terra Trema)

mercoledì 23 settembre 2020

PIEMONTE - MOMBARUZZO - AT - AZIENDA Cento Filari DI Simone Roveglia


 

Simone Roveglia è decisamente un vignaiolo fuori dai canoni classici. Gestisce la piccola cantina sulle colline di Mombaruzzo, una delle zone più vocate per la Barbera d’Asti. Vignaiolo estroverso e vulcanico, è sicuramente uno degli esponenti di spicco della crescita qualitativa nell’astigiano: uomo di grandi fermenti creativi, amante dell movimento hip hop, personaggio dalla tipica connotazione undrerground, è sempre in movimento e diventa difficile incontrarlo, a meno di andare a cercarlo tra le sue vigne. Gli attuali 3 ettari di vigna, sono lavorati in prima persona da Simone, che segue le regole della coltivazione biologica.

Le vigne sono situate nella zona di salvaguardia denominata “Bosco delle sorti”, esempio impeccabile di biodiversità. Cinque vini dallo stile inconfondibile: Barbera d’Asti Docg “La Motta”, Freisa d’asti Doc, Monferrato Rosso Doc da uve Pinot Nero “Brigante”, Vino Rosato da tavola da uve Pinot Nero “Rugiada” e la psichedelica Freisa chinata “Rossenotti”. La giovane azienda agricola Lo spaventapasseri lascerà di sicuro un segno negli anni e si spera sulle nostre tavole.

I suoi vini: Brigante( Pinot Nero); Monferrato Rosso Doc, Cento Filari Freisa d'Asti DOC.
p.s.: per gli amanti degli aperitivi: vi consigliamo di assaggiare il suo bio spritz
La ricetta: 2 parti di freisa chinata, 3 parti di l'artiglio spumante di CENTOFILARI ghiaccio e fetta d'arancio)

lunedì 21 settembre 2020

LA BUONA STRADA dei vini e non solo. DA VINI RASICCI. E GRAZIE A LORIS ANTONELLI DI RESISTENZENATURALI





 


Wine Road, il corso residenziale di avvicinamento al vino che ci ha portato per un fine settimana fra le vigne di #rasiccivini, ci conferma che seguendo il buon vino si finisce quasi sempre su una buona strada.

I racconti di quasi un secolo della signora Diana e del Sig Amerigo, i vini e l'accoglienza di Emanuele e Piero, la cucina raffinata di Emanuela, sono state una coccola e al tempo stesso una affascinante narrazione.
Ciliegina sulla torta la visita da Enrico e Spring, di azienda agricola Colle San Massimo, un altro luogo incantato che guarda il mare dalle colline di Giulianova.
Mentre il vino e l'enotuurismo diventano sempre più una moda, abbiamo cercato di fare una esperienza concreta, di pochi fronzoli e molta umanità, con compagne e compagni di viaggio splendidi ❤
Siamo sulla buona strada.

Tempo di vendemmia, di Mosto e, nell'attesa del vino, della 'MOSTATA'

 


E' un dolce che racconta la sua provenienza popolare, tipica delle famiglie di agricoltori che utilizzavano i grappoli dimenticati nelle vigne o gli acini caduti. La sua realizzazione si esegue in due tempi: Nella prima fase si realizza il mosto cotto, che si può conservare poi anche per diversi mesi in freezer

Non ha niente a che vedere con le mostarde che ho mangiato fino ad oggi in Italia Settentrionale, per lo più salse più o meno dolci o piccanti, con frutta candita o senza, utilizzate generalmente per accompagnare piatti come il bollito. La parola “mostarda" deriva dal latino “mustum ardens", alludendo al mosto di vino reso ardente, nel senso di piccante, dall’aggiunta di farina di grani di senape. In questo modo un tempo era possibile conservare un prodotto facilmente deperibile come la frutta. Da qui, in francese è diventata moût ardent (letteralmente: "mosto che arde”) e infine mostarda.

La mostarda siciliana invece è un dolce, eppure non ha zucchero. Non si mangia col bollito, ma a fine pasto. Non è piccante, è dolce. Per realizzarla si utilizza mosto di uva addolcito con la cenere e mescolato alla farina. Un procedimento che crea una specie di budino, dal sapore dolce ma non stucchevole, genuino.

La mostarda così ottenuta (mustata ri vinu cottu, in dialetto siciliano) può essere consumata in giornata, oppure, se volete conservarla più a lungo, potete adottare lo stesso procedimento che si usa per conservare a lungo la cotognata: farla asciugare al sole e quando raggiunge il giusto grado di densità conservarla all'interno di bocce di vetro.