Non ho voglia di polemizzare. ma lo storytelling digital è un aggettivo usato ed abusato. scorrendo il tuo articolo, vedo che ti riprendi.
Ognun, appassionato di VINO, ha tutto il diritto di scrivere di vino quanto e come gli pare.
E tu non sei nessuno per dare insegnamenti su cosa e come scrivere.
Mi fermo quì perchè la tua chiusa, nonostante le incongruenze e le presunzioni, chiude con uno che di vino ne sa e molto più di te. Ed è per questo che perdono la tua saccenza.
E quelli che scrivono di vino non sono nè Uomini nè superuomini. Ma semplicemente appassionati.
Ed è per queste ragioni che come 'Lieti Calici' ed 'Enoize' racconteremo il VINO da chi lo beve e non dai cosidetti esperti, che come dici tu sono il Il 90% delle persone che conosco che si dedicano a scrivere di vino vengono da una formazione classica (Ais, Fis o altre associazioni di settore) dalla quale si sono gradualmente allontanate giudicando l’approccio accademico alla degustazione fin troppo freddo e asettico, atto più alla disamina (o vivisezione) di una sostanza morta. Poi, hanno incontrato sul loro cammino associazioni o individui che li hanno incoraggiati a utilizzare un punto di vista soggettivo e ispirato, attingendo alle arti o alla poesia ma soprattutto al proprio intimo sentire.
Ti assolvo, nelle minchiate che dici, perchè anche tu hai imparato da Sandro Sangiorgi, quello di Porthos. E Lì , come dici tu, ho potuto immergermi a capofitto nella soggettività dell’esperienza della degustazione, nel gioco dei ricordi, dell’attenzione e dell’attesa.
'LIETI CALICI'
https://medium.com/@savoytruffle/storytelling-e-vino-perch%C3%A9-dovremmo-smetterla-di-scrivere-di-vino-e-andare-a-caccia-di-farfalle-9262fe711f3b
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