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martedì 30 giugno 2020

ARTICOLO DE ' I SICILIANI GIOVANI DI KAROLA SICALI: Braccianti-schiavi e bruschette al pomodoro

Trattati da animali fra insulti e grida”. Quei campi di dolore da cui vengono i nostri frutti

Non si parla già più di Adnan Siddique, il giovane pakistano ucciso perché incitava i suoi compagni braccianti a denunciare la schiavitù nei campi di pomodoro del nisseno. Nè di Aboubakar Soumahoro e del suo sciopero della fame di protesta. E intanto le bruschette al pomodoro rinfrescano tranquillamente le calde estati degli italiani.

Eppure, ad un certo punto, gli ultimi e gli emarginati smettono di sopportare e si incazzano: “Sono sempre stato trattato come un animale, solo insulti e cattive parole ricevevo. Un giorno uno di loro, dopo avermi sgridato per una stupidaggine, mi ha pure lanciato addosso una cassetta facendomi male. Ho subito minacce ed ora ho paura di ritorsioni”, “.. Una mattina, mentre scaricavo il camion ai mercati di Cosenza, sono accidentalmente caduto facendomi male. Invece di essere aiutato, sono stato sgridato da Suriano che brandendo un bastone mi è venuto contro minacciandomi di colpirmi. Dolorante, mi sono dovuto rialzare e mettere al loro posto tutti i pomodori che mi erano caduti.”
Grazie alle denunce dei braccianti agricoli, l’azienda “La Carota Srl” ad Amantea, in provincia di Cosenza, è stata sequestrata e cinque persone sono state arrestate, tra titolari ed intermediari. Il meccanismo è sempre lo stesso: si lavorava per trenta al euro al giorno al grido di “Figlio di puttana!”, “Ignorante di merda” con turni massacranti. Se si era fortunati, solo per quattordici ore, ma molte volte l’orario di lavoro si prolungava fino alle due di notte se non addirittura alle dodici del giorno seguente, per un ammontare di ventisei ore consecutive, senza tregua e sempre e solo per trenta euro. Il contratto non esisteva e questo permetteva ai proprietari della Carota, i Suriano, il reclutamento di extracomunitari, soprattutto bangladesi, sprovvisti del permesso di soggiorno, disposti a tutto pur di guadagnare qualcosa. Le assunzioni erano affidate a degli intermediari, i caporali per intenderci, provenienti anche loro dal Bangladesh, per una transazione più semplice e meno rognosa, si sa che tra conterranei ci si capisce meglio.
“Solo per avermi trovato il lavoro, Mizan, il caporale, ha preteso ricariche telefoniche di venti euro e cene da centossessanta euro; anche l’altro intermediario, Kakon, ha voluto duecento euro.” racconta uno dei braccianti agricoli nel verbale. “Poi ho deciso di non pagarli più e lì sono iniziati i problemi: prima mi hanno messo a lavorare nel piazzale sotto il sole cocente e dopo mi hanno mandato a Cosenza a fare le notti. Ora ho paura di loro.”

Karola Sicali - 

lunedì 29 giugno 2020

I VINI DELL'ESTATE DI LIETI CALICI: SICILIA - TP - MARSALA - AZIENDA AGRICOLA FABIO FERRACANE

Camaleonte è il nuovo vino della cantina Ferracane, con un nome che è tutto un programma e un’etichetta ammiccante. Camaleonte è il vino da tavola rosato che mancava, la novità 2020: un blend di tutti i vini di Fabio, sia bianchi che rossi.

COME VIENE FATTO IL CAMALEONTE?

Fabio ha creato il Camaleonte mettendo insieme ciò che rimane da ogni suo vino. Il Camaleonte quindi è composto da ben quattro vitigni: Catarratto, Grillo, Nero d’Avola e Merlot.
Sorge la domanda: “Che fine facevano i vini rimanenti fino allo scorso anno?” Venivano consumati dalla famiglia Ferracane e regalati agli amici. Fabio però ha sempre qualche progetto in mente e da quest’anno ha deciso di inserire tra i suoi vini anche questo vino rosato. Ma perché lo ha chiamato così?

IL VINO MUTEVOLE

Il Camaleonte cambierà ogni anno, poiché la sua composizione dipende ogni anno dalla resa delle singole uve e quindi dalla quantità dei singoli vini che lo compongono. È un vino pensato per essere mutevole, per adattarsi a ogni annata, sia nell’aspetto che nel sapore.
Nella sua prima edizione il Camaleonte è un vino rosato dal colore piuttosto scuro, per la presenza maggiore di Merlot e Catarratto, dal sapore rotondo e ben bilanciato dall’acidità.
Il vino contiene un totale di 17 mg/l di solfiti. Quest’anno sono state prodotte sole 398 bottiglie. Il prossimo anno chissà!

L’ETICHETTA DEL NUOVO VINO ROSATO DA TAVOLA

L’etichetta effettivamente è tutto un programma. Invece di metterci l’illustrazione di un camaleonte, Fabio ci ha messo la faccia. Si sente un po’ camaleontico, nel senso di adattabile ed estroverso, creativo e determinato. Una volta che si è messo in testa un progetto, lo porta in fondo con entusiasmo.
Nella retro-etichetta invece, come per ogni suo vino, Fabio ha inserito una frase evocativa, che spiega a chiunque lo beva il significato che questo vino ha per lui.
Che dire delle occasioni in cui bere il Camaleonte? I vini rosati sono alla ribalta da qualche anno e vengono apprezzati da un pubblico sempre più ampio, che prima magari li snobbava.
Il Camaleonte è un vino rosato che potete bere in tutte le stagioni e a tutto pasto, dall’aperitivo al secondo. Meglio se con piatti a base pesce, anche col pomodoro, carni bianche o pizza.

IL PERCORSO

Non sono nuovo al vino. Mio padre aveva 3 ettari di vigneto ereditati da mio nonno e negli anni ’90 conferiva la maggior parte delle uve ad altre cantine del comprensorio di Marsala. La produzione di vino era limitata al consumo familiare. I miei primi ricordi in cantina sono di quando avevo 15 anni e aiutavo mio padre nella produzione di quelle poche bottiglie. Dopo pochi anni ho deciso di studiare enologia e viticoltura, facendo esperienza in alcune cantine, anche all’estero.
All’università mi hanno insegnato che il vino è un processo biochimico. Ho capito ben presto che non era il mio modo di vedere il vino. L’enologo sta in cantina, sistema il vino, lo migliora, lo modifica, lo assembla, spesso lo degusta e decide se migliorarlo o meno. Ho capito che questo non sono io!

contatti: 
Azienda Agricola Fabio Ferracane
Contrada Bosco, 744/C1
91025 Marsala (TP)
Sicilia- Italy





venerdì 26 giugno 2020

PIEMONTE -Cantina Viticoltori del Monferrato - L'inedito BIANCO FABRIZIO JULI

Il bianco piemontese che non t'aspetti e che stupisce.
Perché a farlo è Fabrizio Iuli, fino a ieri rossista 100%, e perché nasce da un vitigno autoctono del tutto dimenticato dal nome curioso: Baratuciat. Tecnicamente, dialettalmente, gli attributi sessuali del gatto (barat-u-ciat), che i chicchi di quest'uva ricorderebbero (o almeno, qualcuno nella storia li ha immaginati così 😄).
Solo cemento per l’esordio di Fabrizio nell’universo bianchista. Le uve provengono da una vigna esposta a Nord su terreno di argilla e calcare a 250 metri sul livello del mare. Raccolte la prima settimana di settembre, fermentano spontaneamente e molto lentamente (fino agli inizi di febbraio) dopo una notte al freddo per poi sostare 12 mesi in cemento. Nessuna chiarifica né filtrazione.
Colore molto bello, di un giallo luminoso con riflessi quasi grigi. Profumi a metà strada tra certi Riesling e Chablis che sono il preludio di un profilo acido-sapido deciso e perfettamente integrato nella succosità.

Ma chi è fabrizio Juli?
'Di questo vino è opportuno essere ben informati: non è un modo di dire, Fabrizio è socio con il giornalista Gad Lerner della Cantina Viticoltori del Monferrato, piccola cooperativa nata nel 1998 per fare delle esperienze acquisite individualmente in viticoltura, gestione del terroir, selezione delle uve e vinificazione, le chiavi di volta per la produzione di Barbera del Monferrato di altissima qualità. “In questo caso - dice Marco Arturi - fare vino significa davvero restituire dignità a un territorio. Non pago di avere raccontato il Barbera a livelli di eccellenza, Fabrizio Iuli si è messo in discussione con Pinot nero e Nebbiolo in un angolo di Monferrato casalese sul quale fino a poco tempo fa nessuno avrebbe scommesso una lira”. I vigneti sono situati nella parte più meridionale del Basso Monferrato: la cantina con alti soffitti a volta fa parte di una cascina della fine del XVII secolo. La cantina ha privilegiato la valorizzazione di vecchi vigneti e l’esaltazione dei singoli terroir. Peccato per l’Osteria Universo. Gianni Camocardi ricorda una tavola imbandita con Veronelli, Gad Lerner, Inge Feltrinelli e Fabrizio, patron la sua mamma; tutti riuniti per scongiurarne la chiusura. L’anno dopo l’osteria chiuderà ma con la soddisfazione di ricevere l’ambito Sole.di Gino nella guida “I vini di Veronelli”, per la pasticceria.'
( Fonte Vino Critico - A cura di Officina Enoica - Ed Altreconomia)


giovedì 25 giugno 2020

MILANO - CSOA - LEONCAVALLO - LA TERRA TREMA

La Carta è pronta.
Se avete voglia di farci su due chiacchiere passate al Folletto25603 tutti i venerdì, dalle 18.
.
Ogni anno mettiamo mano alla Carta dei vini della Terra. Si aspetta la Fiera Feroce, si fanno decantare le nuove conoscenze, le impressioni, le sensazioni.
La Carta dei vini della Terra è una piccola carta dei vini che componiamo dal 2008 per lo spazio di provincia che gestiamo. In seconda di copertina leggi scritto: "Ogni vino scelto è archivio della terra, assaggiato, annusato, ascoltato. Ogni nome, ogni bottiglia è volto, paesaggio, profumo, colore e consistenza della terra, acqua, pietre. Storie ascoltate di fronte a geometrie di viti".
Se ripercorri quelle Carte a ritroso leggi la storia della nostra manifestazione. Una storia familiare, un moto ondoso costante, un susseguirsi, diagrammi di flusso di (eroiche) imprese.
Crescite, cambiamenti, non solo nostri ma dell’intero panorama vitivinicolo italiano. Se guardi bene.
Leggi i legami degl’inizi, l’eco veronelliana, il genio e le intuizioni, le (ultime) nuove leve di una storia che si apprestava a un cambiamento sostanziale. Il Prosecco di Eris, Gli Scarsi di Pino, il Nebbiolo di Marco, il Gaggiarone di Annibale, la Fogarina di Amilcare, il Brachetto di Claudio, la Valpolicella di Angelo, Nicola e Silvia.
Leggi le aperture che avverranno da lì in poi, le fasi nuove, il divenire, i diventanti, i diventati. Il Grillo di Nino, il verdicchio di Corrado, gli amori longevi: La Moglie ubriaca di Elena e dei suoi figli, il Gattorosso di Daniele, il Pecorino di Jacopo, l’Erbaluce di Antonella, i vini di Claudio, sempre presenti. Tra le righe, in questo lungo avvicendarsi di storie e di scelte, tra le note e le parole raccontate dai vini c’è molto di più di quel si sia in grado di cogliere.
È gennaio. La nuova carta è pronta. Il vino di Rarefratte è arrivato, abbiam scelto la sua Sciampagna. Gli altri sono conferme, Claudio, immancabile e prolifico, questa volta con la Nascetta, il Black Rebel valsusino di Luca, Matteo, Valentina, poi Lino e il suo garbatissimo imprecare dall’Etna, Matteo e Andrea con Re Nudo, Paolo e il suo Vermentino, Stefano Malerba di Gualdora, col suo Gutturnio di Ziano Piacentino.

L'ultimo lavoro cinematografico di Jonathan Nossiter, dopo Mondo Vino, anche 'Last Worlds' viene selezionato per essere presentato al Festival di Cannes del 2020.

Sinossi:

'È il 2085. Non c'è più elettricità o macchine sulla Terra. Il pianeta è principalmente un vasto deserto. I raccolti non crescono più. I bambini non sono nati da un decennio e ci sono pochissime persone lasciate in vita a causa di un virus che debilita i polmoni delle persone. Un giovane africano trova un deposito di bobine di film in un appartamento di Parigi, tutte con la scritta "Cineteca di Bologna". Diventerà l'ultimo cineasta del mondo dopo aver viaggiato attraverso l'Europa ad Atene. In "Last Words", il regista statunitense Jonathan Nossiter , con sede in Italia, affronta la crisi climatica affrontando anche le preoccupazioni sull'imminente morte del cinema e si diverte a farlo con un cast stellare composto da Nick Nolte, Charlotte Rampling, Alba Rohrwacher e Stellan Skarsgaard. Il film dell'etichetta Cannes, prodotto dall'italiana Donatella Palermo ("Fire at Sea"), ha "un'urgenza" in questi giorni, dice a Variety. Questo è innegabile. Se non altro, per la scena della stretta di mano nella clip sopra.'

I VINI DELL'ESTATE DI LIETI CALICI. CANTINE BARBERA - SICILIA - MENFI - AG - CATARATTO SUPERIORE 2017

Di questo vino si dice che sia bello.
così bello. Come un oro liquido nel vetro che ricorda le calde e secche giornate estive siciliane.
albicocca matura, mandorla amara, buccia di mandarino, spezie e una vibrante finitura mineralità con una foto di acido, molto pulita e assolutamente deliziosa.
Questo rende un ottimo vino e abbinato a qualsiasi cosa con sapori audaci non sbaglierai. Arrosto di maialino ripieno, tonno alla griglia cotto con cipolle rosse, qualsiasi cosa fuori dalla griglia, formaggi di capra siciliani, scelta facile quando hai famiglia o amici 
Una nota di @brandon_tokash.su #Aremì
E non abbiamo dubbi che i vini di Marilena Barbera abbiano tutte queste caratteristiche. Perché Marilena è passione ed i suoi vini non soltanto la rappresentano, ma sono orgoglio di una Sicilia possibile che di certo verrà! <3

Perché i vini di Marilena sono preziosi. Come oro liquido nel vetro appunto. 




  • CATARRATTO SUPERIORE MENFI DOC


    Arèmi, uno dei quattro semi onde son dipinte le carte degli azzardi, e anche le carte comuni. Il seme a denari, che ha il colore dell'oro e come l'oro è prezioso al gioco della scopa e del sette e mezzo.
    Oro liquido è il Catarratto, culuri d'arèmi: oro intenso e brillante che s'illumina del sole e del mare di Sicilia, carico della storia millenaria che mani sapienti hanno tramandato fino a noi, di generazione in generazione, dalla madrepatria greca fino alle fertili campagne di Menfi.
    Arèmi è amore per la terra, rispetto per la conoscenza, accettazione consapevole di una eredità da custodire.

mercoledì 24 giugno 2020

I VINI DELL'ESTATE DI 'LIETI CALICI' - ABRUZZO - PECORINO IGT COLLI APRUTINI DEI FRATELLI BARBA

Avevo bevuto il 'PECORINO' Marchigiano, ma mai quello Abruzzese. Ho aperto la Bottiglia dei fratelli BARBA, che lo producono, assieme a tanti altri vini nobili abruzzesi. e sono stato invaso da una moltitudine di afrori e freschezza. Un vino per l'estate, che bevuto alla giusta temperatura si adatta benissimo come aperitivo, al pesce e, perchennò, alla frescehzza di insalate bio e tutto quel che di estivo possa esserci.
Un vino che già mi manca, per la sua beva fresca e dolce e per la sua elegante corposità.

Penso che Gli ottimi fratelli BARBA meritino tutta la fama e le recensioni positive che hanno avuto. 
E ritengo che presto mi sentiranno per fare un ordine dei loro vini dei quali sento già la mancanza!


Ma cos'è il PECORINO?


Il vino “pecorino” è un vino ottenuto dall’omonimo vitigno a bacca bianca diffuso nel Centro Italia. Il vitigno è coltivato esclusivamente per la vinificazione, soprattutto in Abruzzo e nelle Marche (è di probabile origine marchigiana). Questo vitigno ha basse rese quantitative e, per questo motivo, è stato riscoperto solo in tempi recenti (dagli anni ’80/’90) per la produzione di vino di qualità (minore è la resa quantitativa, maggiore è quella qualitativa), mentre prima gli si preferivano varietà più produttive come i trebbiani. 


PECORINO IGT BARBA COLLI APRUTINI

Vinificazione:
Raccolta delle uve in cassette per questo Pecorino D’Abruzzo IGT. Debourbage a 12-13°C per 18 ore. Fermentazione in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata tra 17 e 19°C. Affinamento su fecce fini per 60 giorni.

martedì 23 giugno 2020

AGRICOLTURA NON CONVENZIONALE. DI PEPPE FOGLIANI! #7puntebios

L'orto di Peppe Fogliani è un angolo di paradiso, fosse solo perché te lo ritrovi di fronte al mare di levante, a Capo Milazzo in provincia di Messina.
#7puntebios, così  si chiama il suo progetto nel quale produce pomodori datterini gialli, rossi, basilico verde e viola, fiori commestibili, misticanze, zucchine e tanto altro ancora, che neanche io riesco a raccontarvi.
L'orto di Peppe, assomiglia molto all'orto Vulcanico realizzato sul lago di Bolsena da Massimiliano Petrini e Jonathan Nossiter .
Peppe Fogliani è un agricoltore competente, con una laurea in Scienze naturali, che ha deciso che questa doveva essere la sua missione. E ci riesce benissimo.
Fornisce i suoi prodotti a clienti selezionatissimi. I suoi prodotti non li troverete mai nella GDO. E non è una questione classista ma è questione di classe. Già perché Peppe ha classe in quello che fa. E i suoi prodotti raccontati da lui rivivono nellle sue parole e nel loro sapore. MA soprattutto nella fatica di un agricoltore naturale e bio che su un territorio bellissimo ha realizzato un progetto che meriterebbe più attenzione dagli appassionati della buona cucina e dall'intero mondo dell'enogastronomia. 

Queste alcune foto del suo orto:





Orto #7puntebios di  Peppe Fogliani
Milazzo - ME - 


lunedì 22 giugno 2020

ENOIZE: Dai Cari Compagni di Viaggio di LIETI CALICI

Semplicemente grazie! All'Enoteca Forte Prenestino a Aurora vini Vini Rasicci Vigneti Vallorani, a @loris Antonelli @alba Severino.
È, ogni volta, un'emozione forte e intensa quella che proviamo a presentare i produttori e le produttrici. È un'emozione che proviamo, ogni volta nuova, quella di bere il vino insieme a chi lo produce. È un'emozione, e una gioia, alle quali non intendiamo assuefarci (questa è Gabriella, per i cori, invece, chiedete a Dario)

venerdì 19 giugno 2020

ABRUZZO - VINI DEI FRATELLI BARBA - SCERNE DI PINETO - TE -

L'ora dell'aperitivo si avvicina ed abbiamo l'imbarazzo della scelta di quale bottiglia aprire.

UN PECORINO COLLE MORINO IGT 2019

UN CERASUOLO D'ABRUZZO DOC 2019

UN TREBBIANO D'ABBRUZZO DOC 2018


Di una cosa siamo certi che con questi vini, bevuti alla giusta temperatura, ci aspetta una serata tra amici che ricorderemo...

Prosit.

'Lieti Calici'

E Grazie ai Fratelli Barba per questo graditissimo regalo!


p.s.: i Rossi li apriremo in un'altra occasione raccontandoveli...


Cantina
Strada Rotabile per Casoli SP27
64025 Scerne di Pineto (TE)
Tel +39 085 9461020
Fax +39 085 9463559
E-mail: cantina@fratellibarba.it




http://www.fratellibarba.it/contacts/



Caporalato e mafie: “700mila schiavi nell’agricoltura italiana”

Si è suicidato. Si è impiccato nel suo appartamento. Aveva 25 anni. Jobam Singh. Bracciante indiano. Lavorava a Sabaudia. In condizioni di semischiavitù. Prima di lui altri 12 lavoratori, in tre anni, nella stessa zona, si sono tolti la vita.
Tra suicidi ed omicidi la 'nostra' agricoltura e i prodotti che arrivano sulle nostre tavole sanno di sangue e sfruttamento.
Occorre un intervento severo contro il caporalato e le agromafie. Occorre dire basta!
Occorre ascoltare il grido di Aboubakar Soumohoro e di tutte le piccole aziende che lavorano, con enormi sacrifici, in modo pulito, giusto ed etico! 

Lieti Calici

In Italia vive una popolazione di “invisibili”. Stranieri che lavorano nelle campagne, lontano dagli occhi dei centri abitati, spesso alloggiati in tuguri fatiscenti, sfruttati e mal pagati da caporali e imprenditori nostrani. Da nord a sud, il loro impiego nelle campagne è capillare. È anche grazie alle loro braccia se certi prodotti arrivano sulle nostre tavole, eppure la loro vita resta confinata nel silenzio.
Secondo il primo Rapporto su caporalato e agromafie realizzato da Flai Cgil, si tratta di circa 700mila lavoratori tra regolari e irregolari, di cui circa 400mila coinvolti in forme di caporalato.

Braccianti che si riversano ogni anno nella campagne in arrivo da altre nazioni o spostandosi internamente, tra le regioni italiane, per soddisfare i picchi della produzione e della lavorazione di prodotti agro-alimentari su tutta la penisola. Spesso protagonisti, loro malgrado, di storie di vulnerabilità e sfruttamento, al limite della schiavitù.
NON SOLO SUD: SFRUTTATI DA BOLZANO ALLA TOSCANA. Diversamente da quel che si può credere però lo sfruttamento non riguarda solo il mezzogiorno, ma anche le zone più floride del nord, come Piemonte, Lombardia, provincia di Bolzano, Emilia-Romagna e Toscana (guarda la mappa completa). In tutti questi territori, come in Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia, i ricercatori della Flai Cgil hanno scovato datori di lavoro e imprenditori che truffano o ingannano i lavoratori stranieri, non corrispondendo loro i salari maturati, o facendoli lavorare in nero, accompagnando il trattamento con minacce più o meno velate e forme di violenza psico-fisica (manifeste o paventate).
In Italia il mondo del caporalato si è evoluto, lo racconta nel rapporto Yvan Sagnet, portavoce dei braccianti che hanno organizzato lo sciopero di Nardò (Lecce) nell’estate del 2011 e oggi impegnato nella Flai-Cgil in Puglia: “Ci sono i caporali e ci sono i sotto-caporali. Perché i caporali non possono gestire tutto. Il caporale può avere quattro o cinque campi di raccolta e manda i suoi assistenti a gestire i lavoratori. Ha una squadra, ha gli autisti, degli assistenti, ha i cuochi. A Nardò c’era il ‘capo de capi’, era un tunisino. Poi c’erano altri caporali che lavoravano per lui. Nell’agro di Nardò erano tra 15 e 20 e controllavano tra i 500 e i 600 lavoratori”.
PAGHE DA FAME: 4 EURO L’ORA. Le paghe per i lavoratori sono però sempre da fame. “Un bracciante agricolo che lavora nelle campagne di Foggia in Puglia, a Palazzo San Gervasio in Basilicata o a Cassibile in Sicilia verrà pagato a cottimo, ovvero 3,5 euro il cassone (per la raccolta dei pomodori), mentre verrà pagato 4 euro l’ora nelle campagne di Saluzzo nel Piemonte, di Padova, nel Veneto o a Sibari in Calabria per la raccolta degli agrumi. Il tutto in nero, su intere giornate comprese tra 12 e 16 ore di lavoro consecutive a cui vanno sottratti: i 5 euro di tasse di trasporto, 3,5 euro di panino e 1,5 euro di acqua da pagare, sempre al caporale”.
MAFIA E RICICLAGGIO. A questa situazione di sfruttamento si somma la voracità dei gruppi mafiosi. Il caporalato, che è entrato nel codice penale solo nel 2011, è infatti un “reato spia” di infiltrazioni criminali nel settore. Una presenza significativa, ma ancora quasi del tutto inesplorata a livello giudiziario. Si stima che il giro d’affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10% di tutta l’economia mafiosa. Quasi tutto giocato tra la contraffazione dei prodotti alimentari  e il caporalato. Solo la contraffazione è cresciuta negli ultimi dieci anni del 128%, per un valore di 60 miliardi di prodotti che ogni anno vengono commercializzati nel mondo come falso Made in Italy.
“L’agricoltura è anche uno dei settori prediletti per il riciclaggio dei soldi dalle organizzazioni criminali tradizionali – scrive Yvan Sagnet – Ad esempio l’agricoltura foggiana subisce forti condizionamenti da parte della camorra. Durante la stagione agricola centinaia di camionisti partono quotidianamente dalla Campania verso le campagne foggiane, affittano le terre ai contadini con il cosiddetto fenomeno del “prestanome”, e trasportano la merce verso le imprese del salernitano”.
DAL CAMPO ALLA NOSTRA TAVOLA, LA FILIERA “INQUINATA”. Le mafie si occupano anche dei mercati dell’ortofrutta, infiltrando la grande distribuzione. “Le inchieste analizzate in quest’ultimo anno, svolte in particolare dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno visto implicate imprese di tutto il sud Italia con ramificazioni anche nel nord del Paese e hanno disvelato l’esistenza di un sistema di gestione dei grandi mercati agricoli nazionali pesantemente influenzati dalle organizzazioni mafiose”, scrive nel rapporto Maurizio De Lucia, magistrato della Direzione nazionale antimafia.
Purtroppo neppure le nuove, e importanti, misure varate nel settembre del 2011 (introduzione del reato di caporalato) e nel luglio del 2012 (concessione del permesso di soggiorno ai lavoratori che denunciano i propri sfruttatori), sono riuscite ancora ad incidere significativamente sulla grave situazione delle campagne. Eppure i dati rilevati sono già significativi. Da gennaio a novembre del 2012 sono 435 le persone arrestate per riduzione in schiavitù , tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi. Dall’entrata in vigore della norma che istituisce il reato di caporalato le persone denunciate o arrestate sono solo 42. La metà degli arresti al centro-nord.
COSTO DEL LAVORO E CRISI. “Parliamoci chiaramente, per gli imprenditori il costo del lavoro italiano è altissimo. Ciò non giustifica l’assunzione di personale in nero, ma è indubbio che questo fenomeno esiste proprio per sfuggire alle maglie di questo meccanismo, soprattutto in questa grave crisi”. Il Procuratore di Foggia, Vincenzo Russo, non usa mezzi termini. “È come l’evasione fiscale. Quanto più alta è la tassazione, tanto più i soggetti sono invogliati ad evadere. Questo è indubbio. Quindi, se il costo del lavoro diminuisse, probabilmente diminuirebbero anche questi fenomeni”.
Elena Ciccarello.

giovedì 18 giugno 2020

Lieti calici, come Slow Food è al fianco di Soumahoro: la dignità dei lavoratori non può più aspettare!

Slow Food tutta condivide e sostiene la protesta del sindacalista Aboubakar Soumohoro che senza sosta lavora per ridare dignità e giusto compenso ai lavoratori agricoli, ai braccianti agli stagionali che arrivano in Italia per assicurare a noi tutti una tavola piena e ricca di cibo.
Da anni chiediamo a gran voce che il lavoratori della filiera agroalimentare ottengano giusto reddito e condizioni dignitose: il gesto di Aboubakar Soumohoro ci dice però che il problema sia distante dall’essere risolto. Insieme alle altre associazioni che hanno sostenuto l’appello lanciato da Terra e Flai Cgil, pur riconoscendo l’importante passo fatto con l’articolo 103, abbiamo sin da subito denunciato che ne sarebbero dovuti seguire altri.
Oggi con la messa in pratica di quanto previsto del decreto non abbiamo che la conferma dei limiti di quella sanatoria.
È quanto mai necessario estendere la regolarizzazione ad altre tipologie di lavoratori perché limitare l’offerta della regolarizzazione solo a determinati settori subordina la dignità e i diritti delle persone alle necessità economiche del paese. Come è urgente raggiungere finalmente una maggiore trasparenza della filiera per garantire ai cittadini di sapere dove è stato prodotto quello che mangiano e che sia stato prodotto senza sfruttamento, cosi come sosteniamo da anni attraverso il nostro progetto dell’Etichetta narrante, che consente al consumatore di capire se un cibo è prodotto nel rispetto dell’ambiente e della giustizia sociale.
Cosa accadrà d’ora in avanti sarà decisivo e auspichiamo che il Parlamento agisca con quell’apertura e quel senso d’inclusione che le attuali circostanze richiedono.
Oggi il dibattito degli Stati Generali sarà incentrato sull’agricoltura. Speriamo che – a differenza di quanto successo con il piano Colao – vengano elaborate strategie per ridare valore al lavoro agricolo, dignità ai lavoratori e per la conversione ecologica della nostra agricoltura. Al fine di valorizzare una delle eccellenze del nostro Paese, il settore agricolo.
Gaia SalvatoriComitato Esecutivo Slow Food Italia

Martedì 16 giugno, il sindacalista dell’Usb Aboubakar Soumahoro si è incatenato vicino a Villa Pamphilj, a Roma, dove sono in corso gli “Stati generali dell’economia”, una serie di incontri organizzati dal governo tra il governo stesso, istituzioni internazionali, sindacati e associazioni di categoria. Accompagnato da altri attivisti del sindacato, Aboubakar Soumahoro ha anche iniziato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di essere ascoltato. Alla fine, dopo oltre otto ore di presidio, il sindacalista è stato ricevuto nel pomeriggio da Conte alla presenza del ministro dell’Economia Gualtieri e della ministra del Lavoro Catalfo. Il colloquio è durato circa mezz’ora.
Tra le proposte avanzate da Soumhahoro:
L’IDEA DELLA «PATENTE del cibo» – che «garantisca ai cittadini di sapere dove è stato prodotto quello che mangiano e che sia stato prodotto senza sfruttamento» – ha trovato grande riscontro nel governo: «il presidente Conte ha detto che è un’idea bellissima, un’idea geniale e che si attiverà per metterla in pratica», riporta Soumahoro
SUL «PIANO NAZIONALE di emergenza del lavoro» e sulle questioni migratorie invece le risposte sono più interlocutorie e meno soddisfacenti. «Il presidente Conte sul piano del lavoro ci ha chiesto “proposte articolate in merito” che noi gli presenteremo al più presto», mentre «sulla regolarizzazione ha detto che l’articolo 103 del decreto Rilancio prevede già il permesso di soggiorno ma che interesserà il governo per approfondire il tema». La risposta più deludente è stata sicuramente sui decreti Sicurezza: «ci ha detto che il programma di governo prevede di riformarli, non ha mai parlato di cancellarli come noi chiediamo», commenta il sindacalista dell’Usb. (il manifesto)

SICILIA - MONTE MOJO - CT- AZ. AGRICOLA FILIPPO GRASSO


Il vino è il risultato dell’incontro tra l’uomo e la natura, le cui origini si perdono nei millenni. Questo accade anche assai vicino a noi, in un ecosistema straordinario chiamato Etna. Cominciamo a conoscerlo anche dal punto di vista della vigna, che dall’epoche più remote si è acclimatata sull’Etna, del vino e dei vignaioli che con passione lo producono. L’azienda FILIPPO GRASSO, una piccola realtà familiare con 6 ha di vigneti in contrada Calderara, nel comune di Randazzo.
La famiglia Grasso coltiva la vite da quattro generazioni, oggi Filippo e Mariarita Grasso producono il vino da sole uve autoctone come nerello mascalese e nerello cappuccio per i rossi e rosati oltre che carricante , catarratto e minnella bianca per i bianchi.
Il vulcano e nello specifico il suolo “ripiddusu” cioè molto pietroso , conferiscono sentori minerali e una netta sapidità ai loro vini.
Monte Mojo è un cono vulcanico che è definito “eccentrico” in quanto pur essendo molto vicino all’Etna, non ne condivide il condotto vulcanico. Approfittiamo dell’occasione del panorama sul vigneto di Etna nord ed in particolare su le vigne situate nella valle dell’Alcantara per fare una breve introduzione al vino e ai vini dell’Etna
In cantina sarà inoltre possibile acquistare tutti i vini aziendali La semplicità ed autenticità della famiglia Grasso nonché la simpatia e la passione di Mariarita nel raccontare di vigne e vini ci introdurranno nel ricco e complesso mondo del vino etneo.

VINI:
I BIANCHI: ETNA BANCO: CARICO 68.8 e MARI DI RIPIDDU
I ROSSI: Etna rosso RIPIDDU davvero rappresentativo delle qualità del nerello mascalese e dello stile preciso e senza sbavature dei vini prodotti.