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sabato 14 marzo 2020

Marche : La Marca di S. Michele - Cupramontana (AN) di Alessandro Bonci e Daniela Quaresima


' Si dice che il vento faccia il suo giro e così la vite, ma non è un giro di vite il nostro'

Alessandro e Bonci e Daniela Quaresima.

L'azienda la presentiamo con un'intervista rilasciata da Daniela Quaresima per un'edizione di 'La Terra Trema' evento che si tiene ogni anno al 'Leoncavallo' di Milano.
'Mi chiamo Daniela Quaresima e sono nata in quel di Cupramontana, sulle colline dell’entroterra marchigiano che guarda il mare, nel lontano e bellissimo 25 giugno del 1969. Anno incredibile. Ma non perché sono nata io eh, ma mi suscita sempre un immenso piacere dirlo. L’anno di Space Oddity di David Bowie oltre ad un miliardo di altre cose.
Hai un ricordo d’infanzia legato al vino?
Diciamo pure che ho un’infanzia legata al vino. Entrambi i miei nonni facevano il vino, attività comune per chi abitava in un piccolo centro rurale come Cupramontana. Ma uno in particolare, mio nonno Lello, il nonno paterno: lui viveva per il suo vigneto, la sua cantina, il suo nettare e la sua fisarmonica. Era un maestro nell'arte di fare il vino e in tempi di vendemmia, con l’acqua fino alle caviglie, mi faceva stare con lui in questa cantina illuminata solo con una lucina ed io ero felice perché potevo tirar tardi anche in tempo di scuola. Tanto ero con il nonno e non mi poteva succedere nulla e vorrà dire che andrai a letto prima domani dopo la scuola.
Con lui credo di avere cominciato ad assaggiare il vino ancora prima di andare a scuola. Non era peccato. Non era grave. Si faceva e basta. Con serenità. Poi il mio babbo con la mia mamma e gli altri nonni avevano una trattoria e osteria, imprescindibili dal vino e dall'olio. E siccome mio padre non era contento di mandarmi all'asilo dalle suore, mi portava sempre con lui a comprare capponi, conigli e dell’altro vino dagli amici del nonno. E quello era il mio momento con il mio babbo. Solo mio e del mio babbo. Mi faceva assaggiare il vino prima di acquistarlo e mi faceva credere che avessi un buon palato e buon naso e che dalla mia opinione dipendesse l’acquisto del vino in questione. Mi piaceva tanto. Mi faceva sentire bravissima.
Puoi presentare la tua azienda e la sua filosofia? Come hai iniziato a produrre vino?
Se nasci a Cupramontana, anche se te ne vai a vivere sulla Luna, il Verdicchio ti segue ovunque. Quindi siamo cresciuti con la familiarità del vino, fare vino, il terrore della grandine, ma tanto a San Michele non grandina mai, le rese, i traffici notturni…insomma fa parte di noi. Alessandro, Beatrice e io abbiamo avuto la possibilità di cominciare a lavorare dei terreni di famiglia frutto di una delle tante separazioni familiari. Tutti e tre capitammo ad una fiera di Vignerons Indépendants a Lione e ci prendemmo una cartella in faccia meravigliosa e qualcosa comincio a muoversi. Con Alessandro vivevamo tra Dublino e Parigi quando a lui, stanco di fare 4 lavori per continuare a fare il fotoreporter, venne l’idea di estendere le radici verso quell’angolo di mondo a lui, a noi, tanto caro. San Michele. E volevamo solo la nostra casetta, un vigneto, cani, amici, pargoli e tanta tanta musica. Ci capitò la fortuna di ricevere questi 6 ettari già vitati, non proprio un vignetino ecco, tirammo dentro Beatrice nel sogno che ci ha creduto fortemente con tutto il suo entusiasmo e inesauribile energia e dedizione e siamo partiti. Siamo stati dei privilegiati con i nostri sogni; il vigneto non solo esisteva già, ma era nostro. Dobbiamo tanto a nonno Fernando (Ale & Bea) e a nonno Lello (Dani) per essere stati lungimiranti e attenti custodi di quella meravigliosa terra.
La nostra filosofia? Ma perché ne abbiamo una? Vorremmo custodire la nostra terra, farla esprimere, restando lontano da tutto ciò che non le fa bene e non ci fa bene, concetto questo da estendere a tutto; dalla chimica alla sfruttamento intensivo di risorse e persone, delle sopraffazioni, alle ingiustizie, al fascismo celato e non, alla musica che ci intossica.
Quali sono i vini che producete e da che uve vengono prodotti? Ce ne è uno di cui vai particolarmente fiero? Quanto costano?
Noi produciamo Verdicchio in primis. I vigneti ci sono stati lasciati così, con un’assoluta prevalenza di Verdicchio e noi questo lavoriamo. Il lato femminile va fiera del Numero Zero, il nostro metodo classico, mentre mi sento di poter dire che Alessandro è molto soddisfatto del Passolento, la nostra riserva che strizza l’occhio alla Francia. O almeno quella è l’impronta. Di Alessandro, ancora con la Francia nel cuore.
Dal 2011 produciamo anche il BastianContrario, un montepulciano in purezza, ma non si può scrivere, un rosso sulle colline dei bianchi.
Quante persone lavorano da voi? Accogliete richieste di giovani che vorrebbero lavorare in un’azienda vinicola?
Siamo noi 3 più altri tre amici che abbiamo assunto. Certo che le accogliamo e anche molto volentieri.
Come descriveresti le fiere e gli eventi indipendenti? Hai già partecipato. E questa è una certezza. Cosa ti ha spinto a prendere parte a questi tipi di eventi?
Una delle poche certezze rimaste, e non parlo di vino, insieme a 'Terra trema', 'Enotica' al Forte Prenestino (CSOA) di Roma, e adesso 'Lieti Calici' in Sicilia, Un evento zero nel quale si parlerà di Agromafie e Caporalato, ma anche di solidarietà, Un evento che dalle premesse si ispira alla stessa filosofia: sarà una scommessa, ma che abbiamo accettato ben volentieri. E’ la vita che dovrebbe esserci in una comunità sana, lontana dal marcio e dai social costantemente presenti. E’ il modo giusto di assaggiare vini, formaggi, biscotti, cian di castagne, marmellate, olio, spremute d’arancia, spalmarsi creme ed unguenti naturali, sporcarsi col miele. Per me certe fiere sono casa, condivisione, convivialità, apprendimento, stimolo, ispirazione, il modo in cui abbiamo sempre cercate di vivere, la convinzione che il nostro modo di fare politica a Bologna ad inizio anni novanta, ai tempi dell’università, non era fuffa come ci volevano fare credere.
Da qui la scelta, convinta, del Naturale, Biologico, Biodinamico e Artigianale… Le definizioni sui vini si sprecano, e il consumatore è sempre più confuso.
Voi come definireste il vostro vino?
Ma che ne so, mi fanno una confusione! Non faccio in tempo a capire la differenza tra il nostro modo di fare biologico e l’artigianale che track mi arriva un’altra definizione, quella di naturale. Non saprei…naturalmente artigianali?
Risposta poco schierata?
Ma che ne so…facciamo vino nel modo più trasparente possibile, siamo piccoli, abbiamo i calli in mani che hanno sempre usato la penna o il computer o avvolto cavi ai festival, non usiamo chimica né in vigna né in cantina, entro con i miei piedini a pigiar l’uva nella mastella, facciamo attenzione a che il vino viva in un ambiente pulito, che respiri se in affanno et voila. Ci piace fare il vino che ci piace e soprattutto che i nostri amici bevono come se non ci fosse un domani.
Naturale come definizione non mi convince, perché mi sembra una definizione imposta, demagogica. Dai facciamo vini che ci piacciono e in maniera naturalmente artigianale e sana. Ti basta?
Che cos'è un vino artigianale per te?
Ecco, come sopra.
Ma un vino artigianale è migliore a prescindere da uno industriale? O è solo più sano? È possibile avere un vino più sano per l’organismo intervenendo già in vigna?
Un vino artigianale è il vino del non ritorno. Mi spiego: se cominci a bere vini di un certo tipo, appunto non industriali, ma fatti da artigiani, che ascoltano e danno voce al terroir e alla sua ricchezza, beh non torni più indietro a bere quelli prodotti serialmente. Troppo perfetti, in un certo senso piatti, senza sbavature. A volte mi mettono anche in soggezione. Il vino artigianale è quello che non si fa dimenticare, è quello di una serata in cui ti ammazzi di risate e ne vuoi sempre di più. E’ quello che ti si imprime nei ricordi, che riesci a descrivere in maniera sintetica, sono les petites madeleines di Proust.
Assolutamente. La sanità del vino parte imprescindibilmente da quella delle sue uve. Tutto quello che dai sotto, sopra e in mezzo alla pianta te lo ritrovi non solo nel bicchiere, ma soprattutto nel terreno che rischia di diventare sterile come cemento, compattato, vuoto, morto. Tu vuoi che il tuo vino sia vivo, che evolva, che sia ogni anno diverso e questo puoi averlo solo con un terreno altrettanto vivo, areato, con i lombrichi, le farfalle e le api. Solo quella è la soluzione. C’è questa strana convinzione che una cosa sia trattare la pianta e l’altra sia bere il vino che produci, come se i due fattori fossero separati. Non si possono separare le due cose. Sono l’uno il frutto dell’altro.
Più la vigna è sana e più lo sarà la tua uva e più il tuo vino sarà vivo.
La maggior parte dei vini sul mercato sono prodotti con diserbanti, concimi di sintesi, pesticidi, ingredienti di originale animale. Sei favorevole a una normativa che costringa i vignaioli a scrivere tutto quello che c’è nelle bottiglie e come viene ottenuto il vino? Perché? In caso affermativo, pensi sia un traguardo raggiungibile in tempi brevi?
Fino ad un mese fa ero assolutamente convinta. Poi parlando con altri produttori amici e con più esperienza, ci ho ripensato un po’. Niente a che fare con la trasparenza, ma con un eventuale effetto boomerang di chi beve vino e con giudizi affrettati, superficiali e privi di fondamento. Si rischia che per essere trasparenti, si venga penalizzati in qualche modo. Ci devo pensare su un po’, me la rifai questa domanda più avanti?
Tre bottiglie che porteresti sulla Luna.
Solo tre? Nemmeno per il viaggio mi bastano. Possiamo ragionare a casse, magari miste? Sicuramente il Brazan del caustico Mario Zanusso de I Clivi così non sento la nostalgia del Verdicchio, la Bandita della nascosta punk Nadia Tavjin a quella di Fabrizio Iuli e il Boca delle mie sorelle putative Elena e Paola Conti. Poi mi imboscherei però una bottiglia di Casa Coste Piane.
Cosa bevi a parte il vino?
Da buona irlandese adottiva, non appena posso torno sull’isola degli elfi e scompaio in un barile di Guinness.
Cosa significa per te bere responsabilmente? Bevi tutti i giorni?
Bere e responsabilmente suona così buffo. Non lo so, non so cosa rispondere senza suonare ipocrita. Cerco di non bere tutti i giorni, quando mi prende la mania del periodo di disintossicazione, ma poi capita sempre qualcosa da festeggiare o commemorare o affogare che insomma, beh. No dai, non bevo tutti i giorni.
E se ti è capitato di non bere responsabilmente, qual è il rimedio per una sbronza?
Cercare di riprodurre, anche da vegetariani che per una volta non si muore, dicevo cercare di riprodurre una grasssisssima colazione irlandese fatta di salsicce, pancetta, uova, pudding, bachelor’s beans, pane tostato e imburrato col burro salato, succo di arancia, tè e poi svieni o in alternativa acciughe con burro e pane tostato insieme ad una sudata di qualche tipo. Ma diciamo che dipende molto dall'entità della sbronza. Tu ne hai uno da suggerire? Si provano tutti. E a volte si usano in combinazione quando la situazione è abbastanza disastrosa.'


Vini Prodotti:
Vini prodotti (Denominazione e cru o nome di fantasia):
I nostri sono vigneti di Verdicchio e Montepulciano.

Produciamo:
SALTATEMPO (Vino Bianco)
CAPOVOLTO (Verdicchio dei Castelli di Jesi, DOC, Classico Superiore)
PASSOLENTO (Castelli di Jesi, Verdicchio Riserva, Classico DOCG)
BASTIANCONTRARIO (Marche Rosso IGP)
NUMERODUE (Metodo classico di Verdicchio, pas dosé, sur lies)
Numero totale di bottiglie prodotte (mediamente): 30.000





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