Se ogni giorno il cibo arriva sulle nostre tavole, dobbiamo ringraziare chi lavora ogni giorno nelle campagne, dall’alba al tramonto, per due o tre euro l’ora.
Isam, 40 anni, è arrivato a Rosarno dalla Costa D’Avorio e fa parte di quelll’esercito di braccianti, italiani e migranti, che con il loro lavoro duro e faticoso tengono in piedi la produzione agricola e la filiera agroalimentare italiana, anche in questi tempi di coronavirus: “Ho paura per me e per i miei fratelli che vivono nelle tendopoli e nei ghetti”, dice Isam. “Fino a qualche giorno fa li andavo a trovare spesso. Ora siamo tutti soli”. “In questi giorni – denuncia Giovanni Mininni, segretario nazionale della Flai Cgil – abbiamo fatto una ricognizione contattando le sezioni provinciali che fanno sindacato di strada e le associazioni con cui lavoriamo sui territori e non sta succedendo niente: i ghetti sono ancora ghetti, c’è gente e soprattutto stanno continuando a lavorare. Mentre nell’industria alimentare stiamo facendo applicare il protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro firmato col governo, in agricoltura un protocollo sulla sicurezza ancora non c’è. Vanno nei campi con i furgoncini dei caporali, ammassati uno su l’altro. È come se per questo pezzo di mondo, questo pezzo di Africa che noi abbiamo in Italia, non fosse cambiato nulla. Le imprese – conclude Mininni – non danno loro la mascherina e neanche loro sanno bene cosa sia questo coronavirus. Sono praticamente abbandonati. Non esistono”. Nell’area dell’agro pontino, l’ultimo anello della filiera agricola, che da decreto è una delle attività considerate essenziali, la scorsa settimana, in piena emergenza coronavirus, c’è stata l’ultima operazione della polizia contro il caporalato: 25 braccianti agricoli si trovavano stipati a bordo di tre furgoni fermati proprio nell’ambito dei controlli legati alle misure per contenere il contagio da Covid-19. Tutti bengalesi, nessuno provvisto di dispositivi di protezione e sicurezza. “La polizia – racconta Graziella Di Mambro – ha denunciato un bengalese e due italiani, ossia i tre autisti dei pulmini. Di sicuro le tre squadre viaggiavano al di fuori dei limiti della sicurezza in generale e comunque senza rispettare le nuove misure contro la diffusione del contagio, in un’area dove la diffusione sembrerebbe particolarmente alta su base statistica. In questo momento l’intero settore agricolo di tutta la provincia di Latina ha bisogno di 10-12mila braccianti per la raccolta. I flussi stagionali non sono possibili al punto che le organizzazioni delle associazioni di produttori chiedono la possibilità di introdurre voucher e chiamare al lavoro studenti e pensionati. Nel frattempo, però, i braccianti sono costretti ad allungare oltremodo le ore di lavoro e a sopportare ritmi impossibili senza alcuna protezione né distanziamento. Una specie di bomba ad orologeria piazzata al centro di una situazione già esplosiva sotto il profilo dei diritti e delle tutele sanitarie, un’emergenza precedente l’attuale pandemia”.
Ricordiamocene quando la crisi sanitaria – speriamo presto – sarà superata, di questi lavoratori in prima linea che rischiano ogni giorno il contagio – e la pelle – per garantire a tutti noi che stiamo a casa l’approvvigionamento alimentare.
Grazie Isam, grazie a tutti voi.
(Fonte: Fortebraccio News)
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