Sicilia - Bosco Falconeria - Partinico (PA)
Nel sorriso gentile e nello sguardo furbo e gioviale di Antonio Simeti c’è tutta l’ “altra” Sicilia: quella che vuole raccontarsi senza assecondare le disposizioni degli uffici marketing e del gusto globale, che si ostina a voler valorizzare l’autoctono senza volergli stravolgere i connotati, che si tiene alla larga dalle pagine patinate per restare vicina alla terra e ai saperi contadini. E non poteva che essere Natalia, la figlia di Antonio, a prendere le redini dell'azienda del Padre, ma Anche della madre La Signora Taylor ( Americana, giornalista, arrivata in Italia per conoscere Danilo Dolci, del quale diventerà una delle sue più strette collaboratrici)
Non è un caso se la storia di Bosco Falconeria è antitetica a quella di tante aziende trendy dell’isola, costruite nell’immagine come nel prodotto. Nata tra Partinico e Alcamo nella contrada omonima negli anni trenta, Bosco Falconeria è cresciuta per poi fermarsi e rinascere. Oggi è una realtà di riferimento per molti, anche perché in possesso di una vocazione alla sostenibilità e all’etica: è stata una delle prime aziende a intraprendere la strada del biologico prima (in tempi non sospetti: a metà degli anni ottanta) e poi della biodinamica, sperimenta esperienze di vendita diretta e coproduzione, collabora attivamente con l’associazione “Addio pizzo”; e non è un caso se Bosco Falconeria, aderì a 'Sbavaglio, nel 2015, la tre giorni dell'antimafia sociale promossa da 'I Siciliani Giovan' presso il Castello di Milazzo, nella provincia di Messina.E non è un caso se l'azienda inserisce al lavoro, come opportunità di inclusione sociale, giovani in difficoltà.
L'azienda si è dotata di un impianto fotovoltaico per l’autosufficienza energetica. Le coltivazioni si estendono su diciassette ettari complessivi, di cui poco meno della metà destinati a vigneto; poi ulivi, frutteti, orti e seminativi. Il vino è centrale ma non è l’unico centro, è un prodotto che ha pari dignità degli altri, a partire dall’olio,che va in bottiglia da un decennio. Eppure i vini sono paradigmatici e personali. Nascono da vigne di catarratto, catarratto extralucido e nero d’Avola messe a dimora su terreni calcarei e vocati. Sanno essere scomodi, ritrosi, perfino scontrosi (alle volte può capitare di dover attendere un po’ dopo l’apertura della bottiglie per godere appieno del corredo olfattivo e aromatico) ma posseggono una grande generosità e un carattere tutt’altro che banale. Il Catarratto è senza dubbio il più immediato e quello che porta in dote la comunicatività meno mediata; sa concedersi senza troppa aggressività, nonostante l’acidità pronunciata e la connotazione inequivocabilmente marina. Gradevole il quadro aromatico. Il Falco Peregrino, Catarratto extralucido in purezza, è fiore e agrume, acidità e sapidità: minerale e nervoso, si fa apprezzare per l’immediatezza del sorso e la buona persistenza, imputabile a una continuità gusto – olfattiva notevole. Il Nero d’Avola, infine, è agli antipodi rispetto al grosso delle versioni massificate e omologate di questo vino frainteso: dimenticatevi dunque rotondità e dolcezze eccessive, qui sono un frutto ricco ma corroborato dall’acidità e un piglio risoluto, quasi austero in alcuni suoi tratti a farla da padrone. Un piccolo grande riscatto per vitigno e territorio.
#LietiCalici
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