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venerdì 1 maggio 2020

Il Vino Naturale è morto, viva il vignaiolo naturale. Di Alessandro Dettori - delle tenute Dettori. Uno che il vino sa farlo davvero e al di là della sostanza o della semantica il suo vino è naturale per davvero

“Se essere Homo Sapiens Sapiens significa guardare ma non osservare, mangiare ma non gustare, sentire ma non ascoltare, “fiutare un odore” e non annusare… allora sono fiero di essere Homo Sapiens e basta. Mi sento animale alla pari con gli altri animali. Parte del pianeta Terra e dell’Universo. Voglio essere animale con la minima razionalità indispensabile alla mia libertà. Per questo faccio il vino… è il metodo che conosco per farmi sentire quello che sono: istintivamente animale”.





Alessandro è un agricoltore che produce anche vino. Definirlo semplicemente vignaiolo è riduttivo. Ama la terra e gli animali che alleva con cura e dedizione e produce vini. La sua tenuta si trova in Provincia di Cagliari. Produce vini da paura, recuperando vitigni autoctoni, politicamente ( ammesso che avesse importanza) si definisce un Socialista alla Nenni. E di questi tempi non mi pare poco. Qui nella foto ci troviamo in un ristorante della Garbatella a Roma, durante un pranzo ed una degustazione verticale dei suoi vini. 
Quì ho avuto modo di conoscere il Vero Alessandro. Da buoni isolani, con molti spigoli, solo la conoscenza diretta ha potuto farci capire se eravamo in sintonia o meno. 
Beh, dalla foto si capisce come andò a finire. Lo sento, non spesso, ma ci sentiamo. Sarebbe stato felicissimo di partecipare a 'Lieti calici' e venire in Sicilia. Ma l'appuntamento è soltanto rinviato. Questo è quel che ci siamo detti quando abbiamo riattaccato il telefono.
Dei sui vini non parlo. I suoi vini si bevono, vanno degustati, vanno descritti da chi li produce, perché ogni vino di Alessandro è una storia da raccontare.
Mai scritto e mai detto che i nostri vini sono naturali, dice Alessandro. La parola naturale non ci è mai piaciuta. Bandita dopo il primo “Terra e Libertà/Critical Wine” dell’aprile del 2003 a Verona ed il secondo di Dicembre, sempre nel 2003, presso il Leoncavallo a Milano.
Fu proprio la partecipazione a quei due eventi dirompenti (dal 2005 prenderà il nome di “La Terra Trema“) che mi convinse quanto fosse pretestuoso e poco intelligente parlare di “vino naturale“. Argomento appena nato in Italia ma già dibattuto, negoziato e analizzato più volte in Francia, dove la necessità di fare il vino naturale, nasce dalla esigenza di ritrovare nel bicchiere tutta la propria cultura, fatta anche di spigoli. Da alcuni amici “questo impulso” è stato riassunto come “Il Rinascimento delle denominazioni”.
Sono passati undici anni dal 2003 e diciotto dall’inizio della mia personale avventura, ma mi sembrano siano passate due ere geologiche.
Gli anni difficili sono stati sostituiti dagli anni dell’ovvietà.
Prima dovevo stare attento a “svelare” la biodinamica a qualche importatore, per non perderlo. Oppure dovevo dare tutto me stesso per argomentare che il vino sarebbe durato comunque, anche senza solforosa e nonostante le fermentazioni spontanee.
Ora, è moda. E’ “naturale” bere il vino “senza lieviti”, “non filtrato”, “non chiarificato”, “politicamente impegnato”, il vino “contro l’industria”, “contro l’enologo”.
Ecco, sta diventando il “vino contro” a prescindere. Ma il più delle volte è contro la propria storia, la propria cultura, il proprio terroir. Questo sta uccidendo i sogni e gli impulsi iniziali. 
La new-wave dei costruttori di vino naturale con poca esperienza o arguta intuizione commerciale, si sono allontanati dal terroir.
Un Terroir nasce dalla vicendevole fusione – unione tra un Luogo ed un Popolo. Per Luogo (antropologico) intendo come sosteneva Augè: “uno spazio che è stato marcato, occupato, simbolizzato, ordinato da una Società”.
Un terroir non è figlio di un singolo, ma di una comunità che in un luogo vi ha vissuto anche e soprattutto, senza avere coscienza di ciò.
Un terroir è stato amalgamato  da gesti quotidiani volti alla sopravvivenza: dal pane fatto per se, al vino fatto per essere commerciato.
Il terroir necessita sempre di un vignaiolo.
Il vino naturale senza un vignaiolo è un artifizio commerciale o un capriccio.
Questa è la nuova via, la nuova sfida: spostare l’attenzione dal metodo – e quindi dalla ricetta – verso la persona che vive di vino: il vignaiolo naturale.
Da quel 2003 ho capito che non avevamo fatto e non volevamo fare il “vino naturale”. Volevamo e vogliamo essere vignaioli naturali e i vignaioli naturali fanno semplicemente vino. Il Vino di terroir che è cultura, non può che essere fatto, nella sua migliore ed autentica espressione, da un vignaiolo naturale che riesce a ridisegnare la cultura del luogo quotidianamente, con la propria Vita.
Alessandro

P.S. Per vignaiolo naturale intendo colui che in vigna lavora seguendo i principii, i processi e i metodi che la natura usa per se. Colui che vinifica solo le proprie uve che ha personalmente coltivato. Imbottiglia solo il proprio vino. Determina personalmente o in famiglia le scelte e le decisioni di ogni fase e processo della propria azienda agricola. Vive della sola professione di vignaiolo. Rispetta il lavoro agricolo riconoscendone il valore economico. Produce il proprio vino con i seguenti ingredienti/additivi/coadiuvanti: Uva e pochi solfiti, solo prima dell’imbottigliamento. Il vino deve essere un degno e vero rappresentante della cultura del luogo.
Provare per credere: 

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