«La situazione a Rosarno e negli altri paesi limitrofi è di blocco totale. Girando per le strade si vedono pochissime macchine e, a parte un paio di supermercati, il resto è tutto chiuso». È un racconto spettrale quello di Valerio Nicolosi, film-maker e giornalista. La Piana di Gioia Tauro in piena quarantena sembra un pianeta disabitato. Eppure sono 1200 i braccianti, distribuiti in campi formali e informali tra San Ferdinando, Rosarno e Taurianova, che abitano i ghetti e le tendopoli spesso senza acqua e elettricità in edifici fatiscenti ricoperti di amianto.
«Le poche persone - racconta Nicolosi - che si vedono in giro sono i braccianti che in bici si spostano dalle tendopoli ai frutteti oppure per andare a fare la spesa nei piccoli negozi che vendono cibo e spezie africane». Scomparsi dalle pagine dei giornali e dal resto dei media, i migranti e gli stagionali che affollano le campagne calabresi per la raccolta delle arance, esistono ancora. Anche se il Covid19 sembra averli trasformati in fantasmi senza tutele dal contagio. «Nelle tendopoli - continua- è impossibile mantenere le distanze di sicurezza. In alcuni campi non c'è nemmeno l'acqua quindi è impossibile potersi lavare spesso le mani ed avere standard igienico-sanitari utile per contrastare il virus».
«A Taurianova - conferma Francesco Piobbichi di Mediterranean Hope, Federazione delle chiese evangeliche in Italia - c'è un ghetto con circa 300 persone a cui circa un mese fa è stata tolta per l'acqua per un allaccio abusivo e ancora oggi non è stato ripristinato. Nessuno gli dà la possibilità di lavarsi quindi devono fare circa 500 metri portando delle taniche avanti e indietro».
Al momento non risultano migranti tra i pochi casi di coronavirus nella Piana ma la situazione rischia di esplodere da un momento all'altro con una rapidissima diffusione in caso di un primo contagio vista la popolisità degli accampamenti e la scarsità di presidi sanitari utili per scongiurare la diffusione del virus. Diverse associazioni (Sos Rosarno, MEDU e Mediterranean Hope) hanno costituito una rete solidale e si stanno mobilitando sul territorio per portare nei campi l'igienizzante e quanto necessario dopo aver rivolto con una lettera a regioni e prefetture il proprio appello affinché si mettano in campo azioni preventive.
«Questo è il momento - spiega Piobbichi - in cui è necessario un forte senso di responsabilità, soprattutto dalla politica. Dalla mattina alla sera stiamo distribuendo mascherine e igienizzante nei campi. È possibile che in uno Stato civile questo venga affidato alla buona volontà di qualche solidale che poi magari viene accusato anche di essere buonista? C'è una pandemia in atto, non è il momento della campagna elettorale. Ci sono luoghi con centinaia di persone vulnerabili che possono anche scompensare l'intero sistema sanitario. Se in un campo entra il virus nel giro di un attimo tutti se lo prendono».
La vita nei campi formali e informali della Piana, già normalmente difficile, diventa impossibile durante una pandemia. «L'idea - commenta Nicolosi - è quella di smantellare i ghetti e fare spostare i braccianti negli hotel chiusi ma soprattutto nei beni confiscati alle mafie. Sarebbe un modo per dargli una vita dignitosa e metterli in sicurezza per il covid. Si creerebbe anche lavoro per gli abitanti locali».
«Abbiamo la necessità - conferma Piobbicchi - in tempi brevissimi di portarli via e stanziarli. Oltre a smantellare i ghetti, c'è l'urgenza di regolarizzare queste persone come ha fatto il Portogallo. La logica dell'emergenza e dei pacchetti sicurezza ha creato tutto questo e in emergenza di pandemia non possiamo permetterci balletti elettorali. Difendere il diritto alla sanità e alla salute pubblica, che si esercita anche attraverso misure di prevenzione, è la priorità. Chi esercita una carica istituzionale ha il dovere di prevenire e lavorare a tutela della salute pubblica».
La prossima fine della stagione di raccolta apre un'ulteriore crisi. «I migranti - conclude Nicolosi - sono in forte difficoltà perché la stagione della raccolta delle arance è praticamente finita ma sono bloccati nella Piana di Gioia Tauro per via del DPCM per il Covid. In pochissimi stanno lavorando e non potendosi spostare in Puglia o altrove è difficile poter lavorare per i prossimi mesi». Molti migranti non essendo in regola con il contratto di lavoro si trovano sprovvisti di una giustificazione valida per l'autocertificazione in caso di controlli. «Si ritrovano bloccati - gli fa eco Piobbichi - e presto senza lavoro e questo determina rabbia. Un altro mesetto di lavoro c'è con le arance ma molti non possono uscire perché lavorano 'in grigio' o 'in nero' o con contratti totalmente a posto e quando vengono fermati sono guai».
Valentina Ersilia Matrascia
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