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mercoledì 15 luglio 2020

Vini da garage, una chicca per intenditori (e le auto non c'entrano nulla)

In Francia un movimento di di Bordeaux di culto ricercatissimi fra i collezionisti, in Italia microproduzioni amatoriali che conquistano un numero sempre più crescente di palati. Scopriamoli!

In Francia sono per lo più il frutto dell’impegno di alcune micro-aziende di culto nella zona del Bordeaux salite alla ribaltà a metà anni ’90, mentre in Italia nascono da opere di privati cittadini che vestono i panni di vignaiolo a livello amatoriale. Sono i cosiddetti vini da garage, traduzione letterale dalla dicitura anglosassone “Garage Wine” e si tratta, essenzialmente, di vini prodotti in lotti di dimensioni così ridotte da potere essere stoccate in uno spazio angusto come, per l’appunto, un garage.

I vini da garage in Francia

Al di là delle Alpi, il fenomeno dei “Vins de Garage” si distinse in particolare per la reazione suscitata nel mondo della critica che, con l’americano Robert Parker in testa, portò in evidenza diversi “microchateau” prima a Pomerol e poi a Saint-Emilion che lavoravano su minuscole parcelle di terreno. Il risultato? Le etichette prodotte, come “Le Mondotte” di Chateau Canon-La-Gaffeliere, “Le Dome” di Chateau Teysser e il Gracia, divennero oggetto dei desideri da parte di collezionisti di tutto il mondo facendo letteralmente schizzare i prezzi alle stelle.

Cosa sono i vini da garage in Italia

Discorso a parte per l’Italia. Il fenomeno dei “garagisti” è molto più recente (le prime attività di rilievo risalgono ai primi anni 2000) e si è sviluppato prevalentemente sul lato della passione di privati cittadini, per lo più impegnati sul fronte lavorativo in altri settori, che producono vino per sé, parenti o amici in numeri estremamente limitati grazie a parcelle di vigna di estensione ridotta. Sintetizzando, le linee guida del produttore di vini da garage potrebbero essere ascrivibili al dilettantismo puro, all’assenza di lucro nella sua opera e di azienda agricola alle spalle. Nel Bel Paese, la comunità di garagisti è piccola, ma copre un vasto numero di regioni come Liguria, Lombardia, Veneto, Romagna, Toscana, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia. Non mancano gli appuntamenti loro riservati come contest enologici o banchi di degustazione come “Back to the wine”, manifestazione dedicata al vino artigianale che si è tenuta a Faenza il 13 e il 14 novembre scorsi.

Alcune etichette da assaggiare

A presentare le etichette in degustazione è stata l’enologa Claudia Donegaglia che, nel tempo libero, con profondo spirito volontaristico, fornisce consigli e pareri (dal suo blog e sul gruppo facebook dedicato) ai “garagisti” italiani su come ottenere prodotti corretti a fronte dei pochi mezzi che solitamente hanno a disposizione. I visitatori che si sono avvicinati allo stand dei vini da garage hanno avuto modo di constatare come le proposte in degustazione fossero lontane anni luce dal cosiddetto “vino del contadino” ruvido e sgarbato al palato. Diversi apprezzamenti sono stati riservati allo Chardonnay calabrese in damigiana della famiglia Meloro e il Perricone, uva autoctona siciliana, di Antonino Alessi, mentre fra i rossi si sono distinti in particolare il Pietramatta del bergamasco Andrea Sala (blend di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Syrah), il Serafino del lucchese Maikol Silvia (Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Sangiovese) e le diverse interpretazioni di uve Montepulciano d’Abruzzo fornite dal teramano Andrea D’Ascanio. A definire un tratto comune c’è stata la pulizia, l’eleganza e la vivacità di un sorso che, in alcuni frangenti, ha colto davvero alla sprovvista per completezza e armonia.
FONTE 'La Cucina Italiana' di Gabriele Casagrande 

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