La Rivoluzione francese ha dato il via alla ristorazione moderna, perché i cuochi delle famiglie nobiliari, che avevano perso il lavoro, dovettero inventarsi nuove attività. A quale mutamento darà vita questa pandemia? Dove porterà la crisi più grave del Paese – e dell’Europa intera – dal Dopoguerra? Se rifiutiamo, come rifiutiamo fermamente, l’ipotesi di andare verso la sopravvivenza dei più forti, come immaginiamo la riorganizzazione di questo comparto?
Noi di Slow Food una proposta ce l’abbiamo: dare vita a un movimento delle cucine sostenibili. Il progetto dell’Alleanza Slow Food dei cuochi va proprio in questa direzione: la tutela dei territori, della biodiversità, dei prodotti buoni e bisognosi di cura, ma soprattutto sostenibili.
La qualità vera è sempre sostenibile, ma la sostenibilità di un ristorante è complessa e articolata e va progettata con cura e costanza. Il futuro è questo: la fine della cucina borghese e l’avvento dell’ecocucina.
Per questo esprimiamo vicinanza e solidarietà a tutto il settore, ma lo facciamo rilanciando. Proprio così: nell’anno più difficile, l’Alleanza Slow Food dei cuochi non fa passi indietro né compromessi, ma alza l’asticella, si dà obiettivi ancora più alti e regole ancora più impegnative.
I cuochi che hanno aderito in questi mesi all’Alleanza Slow Food (in Italia sono oltre 300) sono veri e propri militanti del cibo buono, pulito e giusto. Lavorano con i produttori del loro territorio (a partire dai Presìdi Slow Food); propongono carne che proviene da allevamenti locali e sostenibili e pesce locale catturato da piccole imbarcazioni; si impegnano a ridurre gli sprechi e la plastica, in alcune aree di montagna sono l’unico punto di riferimento di piccole comunità.
Un’Alleanza ci salverà, perché in tempi straordinari servono cucine rivoluzionarie
In questi mesi hanno dimostrato responsabilità, senso civico e spirito di solidarietà. Molti di loro si sono organizzati per dare una mano alle mense degli ospedali e a chi era in difficoltà.
Ora non chiedono sconti, ma ci concentrano sul bene comune e sul futuro e vogliono una cosa sola: essere riconosciuti per quel che sono. Vogliono sottolineare con forza quel che buona parte della politica e della società non ha ancora colto fino in fondo: la ristorazione di qualità, quella che ha un legame vero con il territorio, non è solo svago, diletto, edonismo. È cultura, trasmissione di saperi, coesione sociale, costruzione di comunità, sopravvivenza per l’agricoltura di piccola scala, per gli artigiani del cibo, per i vignaioli. È uno dei biglietti da visita del paese, forse il più importante.
Cercate i cuochi dell’Alleanza Slow Food e delle Osterie d’Italia del vostro comune.
Contattateli, chiedete loro se sono organizzati per l’asporto, ordinate un piatto, comprate un pasto che consumerete in tempi migliori.
Stategli vicini, perché senza di loro, anche se non li frequentate abitualmente, la vostra comunità sarà più povera e triste.
Carlo Petrini
c.petrini@slowfood.it
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