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lunedì 5 ottobre 2020

Maxi allevamenti intensivi Argentina: «Né buoni, né puliti, né giusti». L’appello di Slow Food Argentina

 



Maxi allevamenti intensivi Argentina: Dichiarazione dell’Assemblea di Slow Food Argentina sul progetto di installazione di maxi allevamenti intensivi di maiali voluti dalla cina

Lo scorso 6 luglio, in piena pandemia causata dal Covid 19, il Ministero degli Affari Esteri in Argentina ha annunciato l’imminente firma di un protocollo d’intesa con la Cina, per l’installazione di maxi allevamenti intensivi di maiali nel Paese.

La reazione immediata di questo preoccupante annuncio è stato il lancio di una campagna dal titolo “Non vogliamo diventare una fabbrica di maiali per la Cina ne una fabbrica di nuove pandemie” sottoscritta da 500.000 organizzazioni e cittadini da tutto il Paese e che ha aperto un intenso dibattito intorno alla  proposta di questo potenziale accordo.

A seguire si sono succedute richieste di coinvolgimento dei media e mobilitazioni in diverse città del Paese nonostante il lockdown obbligatorio decretato dal governo.

Sebbene l’informazione ufficiale sia stata scarsa e poco trasparente,

il progetto consiste nell’installazione di almeno 25 allevamenti intensivi di circa 12.000 scrofe ciascuno, con un impianto a integrazione verticale, dalla lavorazione del grano per l’alimentazione animale all’allevamento dei suini, al macello e al confezionamento.

Questo animata discussione ha portato il Governo ad annunciare la proroga della firma dell’accordo per novembre 2020, in modo da poter integrare nel testo l’esigenza di proteggere la biosicurezza e le risorse naturali.

L’Assemblea di Slow Food Argentina ha seguito da vicino l’accaduto e ha considerato necessario emettere una dichiarazione pubblica sul tema, che riportiamo qui di seguito.

Maxi allevamenti intensivi Argentina: Dichiarazione dell’Assemblea di Slow Food Argentina

L’Assemblea di Slow Food Argentina, in difesa di un cibo buono, pulito e giusto, si unisce alla voce di centinaia di migliaia di organizzazioni e persone di tutto il Paese che, sotto il motto “No alle false soluzioni”, rifiutano in maniera categorica il progetto per installare maxi allevamenti intensivi di maiali in Argentina.


1- Potenziare il modello agroindustriale e transgenico imposto in Argentina dal 1996

poiché  alla base dell’alimentazione dei maiali, secondo la previsione ufficiale, ci saranno il mais e la soia Gm tolleranti agli agrotossici. Come espresso nelle dichiarazioni precedenti, è necessario, urgente e possibile abbandonare il sistema agroindustriale e transgenico perché contamina il suolo, l’aria, l’acqua, distrugge gli insetti impollinatori. Provoca malattie croniche non trasmissibili e distruzione dei sistemi immunitari, associati all’esposizione ambientale acuta e cronica agli agrotossici; genera conflitti per la terra a scapito di contadini e popoli nativi. Determina lo spopolamento rurale e sovraffollamento urbano; la deforestazione e la distruzione di boschi, foreste e paludi. Causa l’aumento delle emissioni di gas responsabili della crisi climatica, la degradazione dei suoli e la desertificazione. espansione di piante infestanti resistenti e tolleranti; perdita di biodiversità, siccità e inondazioni, sostituzione degli alimenti realmente buoni, puliti e giusti con prodotti ultra processati dannosi per la salute e distruzione delle tradizioni gastronomiche locali.

2 – Perdere grandi quantità di acqua dolce

poiché si prevede un utilizzo giornaliero di 1.500.000 litri di acqua per ognuno dei 25 maxi allevamenti intensivi annunciati. Ciò comprometterebbe la disponibilità e l’accessibilità di acqua destinata per altre attività essenziali, in un contesto di crisi idrica e climatica e in un paese che ancora oggi non è stato capace di garantire al 10% della popolazione l’accesso all’acqua potabile.

3 – L’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo provocata dai rifiuti,

poiché i liquami e deiezioni (dei maiali hanno più di 300 sostanze tossiche volatili diverse, batteri e residui di antibiotici che vengono utilizzati in questa tipologia di allevamenti.

4 – L’aumento delle emissioni di gas serra responsabili della crisi climatica

in quanto sono previsti allevamenti intensivi a integrazione verticale che richiedono l’impiego di combustibili fossili;

5 – La diffusione delle zoonosi con il rischio di provocare nuove pandemie.

La Cina ha deciso di esternalizzare la produzione di maiali a seguito di una forte crisi dovuta alla peste suina africana (PPA) scoppiata nell’anno 2018 dove sono stati sacrificati tra i 180 e i 250 milioni di maiali. Questa crisi oggi affligge anche diversi paesi europei e un nuovo ceppo di influenza suina H1N1 ha recentemente infettato lavoratori cinesi. La scienza dimostra come il sovraffollamento di animali geneticamente omogenei in condizioni di stress favorisca la trasmissione di malattie.

6 – L’aumento dell’antibiotico resistenza.

L’80% degli antibiotici venduti nel mondo sono destinati agli animali: per aumentare la loro crescita, prevenire o curare le malattie negli allevamenti intensivi. La resistenza agli antibiotici provoca, secondo l’OMS e il G-20 di cui l’Argentina è parte, il decesso di 800.000 persone all’anno, ed è oggi e per gli anni a venire una delle maggiori minacce per la salute globale.

7- Conflitti sociali nelle zone circostanti gli allevamenti intensivi

dovuti all’intenso impatto ambientale, inquinamento, cattivi odori, l’aumento di insetti e roditori e i rischi di malattie infettive umane e animali.

8 – Istituzionalizzare la crudeltà animale a una scala inaudita

poiché gli animali, utili solo a convertire proteine vegetali in proteine animali, vengono sottomessi a mutilazioni, sono costretti a vivere in spazi affollati e ristretti sotto stress. Ciò ci obbliga a un serio dibattito etico sul modo in cui ci relazioniamo con le altre specie viventi con il quale condividiamo la nostra casa comune.

9 – Posti di lavoro di bassissima qualità

dove i lavoratori rischiano di trasmettere malattie alle comunità in cui vivono.

10 – Incremento del settore suinicolo

in quanto si prevede un investimento di 150 milioni di dollari per ogni allevamento intensivo, con una strategia di integrazione verticale che non prende in considerazione i piccoli e medi produttori di suini. Il rischio più grande è che la produzione che in teoria dovrebbe essere destinata esclusivamente all’esportazione diventi rivolta anche al mercato interno, causando così gravi danni alle piccole aziende locali.

L’appello

Per tutti questi motivi, chiediamo al Governo nazionale, ai governi regionali e ai comuni di abbandonare la pretesa di imporre dall’alto false soluzioni come questa proposta e chiediamo che vengano avanzate, in maniera coerente e coordinata, proposte per la costituzione di politiche pubbliche che propendano alla valorizzazione dell’approccio agroecologico e la sovranità alimentare, per il pieno godimento del diritto a un cibo buono, pulito e giusto per tutte le persone che abitano il territorio argentino.

Assemblea di Slow Food Argentina, 18 settembre 2020


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